Uno scambio di conoscenze ed esperienze tra Italia ed Iraq sul contrasto alla tratta di esseri umani. E’ l’obiettivo della conferenza “Human Trafficking” in programma il 21 e 22 maggio a Dokan Lake, nel Kurdistan iracheno, presentata oggi alla Farnesina. Esponenti delle istituzioni ed esperti italiani ed iracheni saranno chiamati a confrontare le rispettive legislazioni, le competenze ed i metodi di contrasto ad un fenomeno in preoccupante espansione, che conta oltre dodici milioni di vittime l’anno in tutto il mondo.
Un partenariato tra i più strutturati
La conferenza rientra nell’ambito di un progetto contro il trafficking nell’ambito della costruzione democratica dell’Iraq portato avanti dalle ong Minerva, International Alliance for Justice e Legal Aid Worldwide e sostenuto dal Ministero degli Esteri, nel quadro delle iniziative di collaborazione tra Italia ed Iraq per la ricostruzione post-conflitto e per il consolidamento delle istituzioni irachene. Una collaborazione, ha ricordato il coordinatore per i Paesi del Golfo della Farnesina Stefano Queirolo Palmas, frutto di un partenariato tra i piu’ strutturati, insieme con quello Iraq-Usa e Iraq-Ue.
Nuove schiavitù
Il problema del trafficking, hanno ricordato i relatori, riguarda le categorie piu’ deboli e va dal traffico a fini sessuali e quello dei lavoratori. L’Iraq e’ un paese sia di partenza che di arrivo per uomini, donne e bambini oggetto di prostituzione forzata e coercizione al lavoro nei paesi limitrofi piu’ ricchi come gli Emirati Arabi, il Kuwait e la Turchia. Si tratta di nuove “schiavitu’ tra le principali sfide da affrontare’’, ha affermato l’ambasciatore iracheno in Italia, Saywan Barzani, ricordando come il suo paese sconti decenni di guerre e di dittatura e di sanzioni che hanno indebolito la societa’, rendendola vulnerabile allo sfruttamento.
Quindi, ha spiegato il presidente di Iaj Bakhtiar Amin, occorre creare una “strategia preventiva per proteggere le vittime e i testimoni e per sanzionare i trafficanti’’ e la conferenza di maggio serve anche ad attirare l’attenzione della societa’ civile irachena ma anche araba” sul fenomeno.