Discorso dell’On. Ministro al Convegno “L’Italia a tre velocità: economia e sviluppo per ricucire il Paese”
Roma, 19 aprile 2017
Presidente Cicchitto,
Ministro Lorenzin,
Ministro Calenda,
Dottor Borghini,
Signore e Signori,
Desidero ringraziare il Presidente Cicchitto e l’Associazione Riformismo e Libertà per l’invito di oggi.
Affrontiamo questioni che sono l’essenza stessa dell’attività di Governo: lavoro, crescita e sviluppo. Sono le parole chiave che hanno sempre stimolato la mia missione politica. Sono temi concreti e vitali che devono sempre animare il dibattitto politico.
Partiamo da un dato di fatto: oggi la nostra economia è tornata in territorio positivo e anche le esportazioni avanzano. Ma si può e si deve fare molto di più!
Si deve fare di più per sostenere il ceto medio che alimenta la nostra economia e che in tempi difficili o shock economici è sempre il più colpito.
Si deve fare di più per i giovani in cerca di lavoro, che sono il miglior investimento, oggi non domani, se vogliamo crescere a ritmi più sostenuti.
Si deve difendere l’Europa, il mercato comune e l’Euro, che ci assicurano il contesto migliore per finanziare la nostra crescita. Altrimenti faremo un passo indietro.
Come sapete, da Ministro degli Esteri, ho fatto della diplomazia economica la mia priorità.
Lo scorso 31 gennaio, assieme al Presidente di Confindustria Boccia ho presentato uno studio indipendente di Prometeia sull’impatto della diplomazia economica sulla crescita: l’effetto è di oltre l’1% del PIL e 234mila posti di lavoro generati.
Lo studio ha confermato che la Farnesina e la sua rete Ambasciate e Consolati assistono soprattutto le piccole e medie imprese: sono PMI il 61% delle imprese che hanno firmato un contratto o vinto una gara grazie al nostro sostegno.
E’ un dato importante perché nelle PMI c’è tanta vitalità e creatività del ceto medio. E nelle PMI che incontro c’è anche tanta propensione ad investire nei giovani.
La diplomazia economica mi ha portato in missione a Milano e Londra per sostenere la sua campagna per attrare banche, compagnie assicurative, fondi di investimento, imprese, Agenzie ed Organismi europei, che stanno lasciando Londra a causa della Brexit.
Ho poi lanciato l’iniziativa “La Farnesina incontra le imprese” perché mi sono reso conto che non tutti gli imprenditori sono consapevoli di quello che la diplomazia economica può fare per loro.
E dopo la Lombardia, ho visitato il Piemonte, il Friuli Venezia Giulia e questa mattina ero in Abruzzo.
Proseguirò con determinazione questo impegno perché l’internazionalizzazione è oggi una necessità per le imprese.
Le opportunità per le imprese sono enormi: nel 2016 i mercati esteri hanno generato per l’Italia 417 miliardi di euro di esportazioni ed un surplus della bilancia commerciale di circa 52 miliardi.
Quello che ripeto sempre agli imprenditori è di sfruttare meglio i servizi della Farnesina, delle nostre Ambasciate e Consolati: per l’attrazione degli investimenti; per la realizzazione degli investimenti; per la penetrazione ed espansione dell’export; e per la conquista di nuovi mercati.
La nostra è come una grande “joint venture” che trova la sua massima espressione nella Cabina di Regia per l’internazionalizzazione, presieduta dalla Farnesina assieme al MISE. La Cabina di Regia è al servizio delle nostre imprese: lavoriamo insieme nell’organizzazione di missioni di sistema all’estero, per accompagnare le aziende sui mercati prioritari.
Sono convinto che stiamo lavorando tutti nella direzione giusta per segnare un cambio di passo del c.d. Sistema Paese. Oggi le scelte si rivelano vincenti o perdenti se siamo in grado di anticipare e comprendere per tempo le tendenze. Le nostre decisioni e le nostre risposte devono adeguarsi al ritmo del tempo e acquisire una velocità molto più sostenuta. Questo è lo spirito all’interno della Cabina di Regia.
Il compito della diplomazia economica è di cogliere le aspettative del nostro Sistema Paese e di indirizzare le decisioni dei nostri interlocutori globali nei primissimi momenti.
C’è poi un altro elemento cruciale della diplomazia economica: quello di difendere e promuovere l’italianità, aiutando le società italiane a superare all’estero quegli ostacoli – alcune volte legali, ma talvolta politici – che si frappongono nel percorso dell’impresa.
E non dimentichiamoci che il sistema economico italiano ha nell’export un suo elemento vitale. Infatti, i rischi di derive protezionistiche rilanciano l’importanza della diplomazia economica.
La diplomazia italiana deve lavorare per assicurare alle nostre imprese la parità di trattamento. Non è possibile che le imprese straniere trovino il terreno spianato in Italia, mentre i nostri imprenditori fatichino a penetrare lo stesso mercato straniero, scontrandosi con il muro di gomma della burocrazia o con i dinieghi della politica.
Chiedo sempre agli Ambasciatori italiani di far valere ogni regola possibile per tutelare l’italianità delle imprese a condizione di reciprocità. Siamo per il commercio internazionale e non vogliamo discriminare nessuno, ma non accetteremo mai alcuna discriminazione ai nostri danni.
Approfitto della presenza dei Ministri Calenda e Lorenzin per anticipare che – insieme al MISE, al Ministero della Salute e al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali – dedicheremo nuova attenzione alle questioni delle barriere non tariffarie, di natura tecnica o fitosanitaria, che toccano il Made in Italy.
Ad esempio, stiamo organizzando il 21 aprile alla Farnesina un evento contro l’iniziativa dei “semafori alimentari”, lanciata nel Regno Unito, e che rischia di diffondersi in altri Paesi UE (Francia e Belgio). E’ un’etichettatura “a semaforo” – verde, giallo e rosso – delle indicazioni nutrizionali sul cibo. Non solo colpisce prodotti italiani di qualità, come il Parmigiano Reggiano e il Prosciutto di Parma, ma crea ostacoli al principio di libera circolazione delle merci. Da parte italiana riceverà “un grande semaforo rosso”!
E’ un impegno che deriva dal nostro “credo” nel libero commercio, con la convinzione che il protezionismo non sia mai la risposta giusta. Soprattutto per un Paese esportatore come l’Italia, che conta sul commercio internazionale per la crescita.
Allo stesso tempo, dobbiamo prendere atto che la globalizzazione non è stata uguale per tutti. Disuguaglianze nelle opportunità hanno prodotto perdita di fiducia dei cittadini nelle istituzioni politiche ed economiche, producendo – come sintomo – il populismo.
La bassa crescita e la crisi migratoria hanno aggravato la situazione: perché le politiche d’inclusione diventano “un gioco a somma zero” redistribuendo la torta senza allargarla e creando conflitti.
Ma la soluzione non è meno Europa, come i populisti ci vorrebbero far pensare, ma più Europa.
Io credo quindi che l’Europa deve sfruttare meglio le potenzialità del Mercato Unico, dell’Unione Economica e Monetaria, e delle politiche di commercio internazionale.
Perché non dobbiamo mai dimenticare che l’Euro ha garantito il valore delle case, dei risparmi e delle pensioni dei nostri cittadini. Se uscissimo dall’euro ci sarebbe il serio rischio di un dimezzamento del loro valore e della ricchezza degli italiani.
L’euro, non solo ci ha difeso dalla crisi finanziaria, ma ci offre tassi di interesse bassissimi che ci consentono di pagare i mutui e di finanziare la crescita. In passato con la “Lira” i tassi di interesse toccarono il 20%.
Credo nel libero mercato, ma anche nella solidarietà. E’ per questo che in Europa dico da tempo che dobbiamo proteggere gli interessi dei più deboli e di tutti coloro che per diversi motivi sono stati esclusi dai benefici della globalizzazione.
Per ogni passo in avanti che facciamo dell’Europa economica, ne dobbiamo fare almeno due dell’Europa sociale: dobbiamo raddoppiare il livello di ambizione delle politiche contro la disoccupazione, l’esclusione sociale e la povertà; quelle a favore dei giovani e del ceto medio.
L’ho detto di recente al “B7”, “il Business 7” che unisce i grandi imprenditori del G7: troppi investitori globali sono rimasti ossessionati dal calcolo dei “rischi” dell’Eurozona e si sono dimenticati delle “opportunità” che offre il più grande mercato comune.
Sempre in positivo: negli ultimi tre mesi il commercio globale è tornato a crescere ad un ritmo che non si era visto da quasi sette anni. A prescindere dalla retorica, gli interessi in gioco sono alti. E anche voi imprenditori dovete compiere uno sforzo aggiuntivo per difendere il libero commercio!
Non voglio dire che i rischi si sono azzerati, ma oggi la loro natura è più politica e molto meno economica: i c.d. “fondamentali” dell’economia europea e italiana sono in miglioramento.
Le sfide sono principalmente politiche e riguardano: immigrazione e terrorismo. L’Italia a queste sfide ha risposto con grade determinazione. Senza mai omologare immigrazione e terrorismo, come fanno i populismi.
Le elezioni nei Paesi Bassi e nella Saar sono state incoraggianti. I parti moderati, centristi e pro-Europa – che sanno affrontare i problemi con concretezza – hanno tenuto banco. Possono tornare a vincere nelle elezioni in Germania, Francia e Italia. E la loro rivincita sul populismo significherebbe una nuova ondata di fiducia in Europa e una nuova corsa in rialzo dei mercati.
In Italia abbiamo bisogno di questo tipo di fiducia. La fiducia, lo sapete meglio di me, è un ingrediente decisivo per la crescita: in particolare, darebbe un colpo decisivo a tutte quelle resistenze nel nostro sistema bancario che frenano la crescita; libererebbe il credito verso le imprese che investono e le famiglie che consumano.