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Discorso dell’On. Ministro alla Conferenza Internazionale “La tutela delle comunità religiose: investire sui giovani quali protagonisti di una nuova stagione di incontro, dialogo e convivenza pacifica tra i popoli”

(Fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)

 

Vorrei rivolgere un caloroso benvenuto a tutti e in modo particolare a Monsignor Gallagher. Siamo onorati dalla sua presenza, che conferma la straordinaria vitalità e la profonda sintonia di vedute nelle relazioni tra l’Italia e la Santa Sede.

Quello di oggi non è uno dei tanti Convegni di approfondimento. Perché, in primo luogo, siamo riuniti alla presenza di Alti rappresentanti di Istituzioni e di fedi religiose diverse, convinti della natura profondamente umana, e dunque culturale e politica, del tema della libertà di religione e della sua assoluta centralità nella politica estera.

In secondo luogo, perché oggi annunciamo l’istituzione dell’Osservatorio sulle minoranze religiose nel mondo e sul rispetto della libertà religiosa. L’Osservatorio sarà presieduto dal Prof. Salvatore Martinez, che ringrazio calorosamente per la sua generosa disponibilità. Ringrazio anche gli altri membri dell’Osservatorio: il Dott. Alessandro Monteduro, il Prof. Riccardo Redaelli, il Min. Plen. Fabrizio Petri e il Consigliere Massimo Santoro.

Vorrei in particolare sottolineare che la presenza di Fabrizio Petri, il funzionario diplomatico che presiede il Comitato interministeriale sui diritti umani, determina un collegamento tra l’Osservatorio e il Comitato stesso. A conferma del fatto che la libertà religiosa è e deve essere considerata un diritto umano fondamentale.

L’istituzione dell’Osservatorio risponde anche a un’istanza da tempo espressa da varie forze politiche del nostro Parlamento. Abbiamo ascoltato e accolto questa forte domanda, che viene dalla nostra gente, dai nostri popoli. E, nel contempo, abbiamo voluto conferire all’Organismo un respiro internazionale.

L’Osservatorio è infatti orientato verso l’estero, al servizio della diplomazia e delle nostre Ambasciate nel mondo. E’ stato ideato come uno strumento di monitoraggio delle libertà religiose e di early-warning delle loro violazioni. Ci deve segnalare i casi più significativi e avvertire delle situazioni più critiche. A questo nuovo Organismo, che si riunirà per la prima volta oggi, chiediamo anche di formulare proposte che la diplomazia potrà valutare e realizzare sotto la mia guida politica.

Difendere la libertà religiosa è uno dei compiti più nobili della politica estera. Significa salvaguardare l’essenza del diritto, fondato su quelle libertà che ci garantiscono pace, sicurezza e prosperità: se le libertà religiose sono protette nell’ordinamento giuridico, come nella vita quotidiana, si potrà affermare lo stato di diritto e garantire la sicurezza; se tale protezione è disattesa, la conseguenza è il moltiplicarsi di conflitti e il perpetrarsi dell’instabilità sociale e politica.

E’ un messaggio, questo, che traspare con grande forza nelle parole di Papa Francesco. Come ha osservato il Santo Padre: la libertà religiosa, recepita nelle costituzioni e nelle leggi e tradotta in comportamenti coerenti, favorisce lo sviluppo di rapporti di mutuo rispetto tra le diverse Confessioni e, al contempo, una loro sana collaborazione con lo Stato e con la società politica. Al posto del conflitto globale dei valori si rende possibile, a partire da un nucleo di valori universalmente condivisi, una globale collaborazione in vista del bene comune.

Cari amici, in questi giorni abbiamo salutato con soddisfazione la sconfitta di Daesh a Mosul e nella piana di Ninive, dove le minoranze cristiane e yazide hanno subito indescrivibili sofferenze. In Iraq, e in troppi altri Paesi, le violenze e le intimidazioni hanno scosso i pilastri del dialogo e della convivenza pacifica tra i popoli.

Ricordiamo con dolore le orribili sofferenze del popolo yazida. In particolare, la storia di Nadia Murad: una giovane ventenne del nord dell’Iraq, catturata da Daesh nel 2014 insieme ad altre 5.000 donne. La madre di Nadia e i suoi sei fratelli sono stati uccisi all’istante – assieme ad altre 600 persone – il giorno dopo la loro cattura.

Nadia è diventata una vittima dell’orrendo traffico di esseri umani di Daesh. Ma Nadia è riuscita a scappare! Ci ha raccontato che i suoi aguzzini facevano pregare le donne e dopo le violentavano brutalmente. Quando è riuscita a scappare, Nadia non ha taciuto. Ha raccontato la sua storia. E’ diventata Ambasciatrice dell’ONU per la dignità dei sopravvissuti al traffico di esseri umani. E’ una donna straordinaria. Un grandissimo esempio di dignità e di coraggio.

Il fatto terrificante è che questi crimini sono stati perpetrati in nome di Dio. Ma Dio è amore e mai potrebbe chiedere ai fedeli simili atrocità. Dobbiamo allora separare chi prega da chi spara. E Dobbiamo estirpare le radici della furia distruttiva di chi, lungi dal professare una fede, intende piuttosto prendere in ostaggio una religione.

La vera religione è testimonianza di pace, solidarietà e fratellanza. Questi sono i sentimenti che hanno ispirato il coraggio di Faraaz Hossain. Faraaz era uno studente universitario bengalese e fu ucciso esattamente un anno fa, nel luglio 2016, nella terribile strage di Dacca, in cui rimasero vittime anche nove cittadini italiani. A differenza delle due amiche che erano in sua compagnia, Faraaz, musulmano, conosceva il Corano e questo gli aveva consentito di sfuggire alla furia del fanatismo; questo giovane, però, scelse di rimanere accanto alle sue compagne e di sacrificare la sua vita per difendere il valore supremo dell’umanità.

Una vicenda, questa, che mi ha molto colpito. La riprendo spesso perché, come ci ricorda anche il titolo della Conferenza odierna, i giovani possono essere i nuovi interpreti di una stagione di incontro, dialogo e convivenza pacifica tra i popoli, i nuovi protagonisti della tutela delle comunità religiose. E’ questo, in effetti, uno dei messaggi più importanti da veicolare oggi.

I giovani devono essere gli interlocutori privilegiati della nostra azione politica e culturale a tutela delle comunità religiose e della libertà di religione. Un’azione verso la quale l’Italia è naturalmente portata, alla luce della nobile tradizione di promozione e di difesa della dignità dell’uomo che contraddistingue la nostra cultura umanista e che ci è universalmente riconosciuta.

Questa nostra azione è motivata dalle convinzioni universali, ma non dobbiamo avere paura di denunciare i tanti, troppo atti di persecuzione contro i cristiani. Violenze e discriminazioni che, in alcune regioni del mondo, non hanno precedenti nella storia, se non agli inizi del Cristianesimo. Troppo spesso dobbiamo registrare, in vari Paesi africani e mediorientali, attacchi a chiese, a fedeli inermi riuniti in preghiera.

Molto concretamente, chiedo allora alle nostre Ambasciate di segnalarci tempestivamente tutti i casi di disattenzione e di violazione delle libertà religiose, che toccano qualsiasi fede. Da oggi questi casi potranno essere comunicati anche all’Osservatorio, con l’obiettivo di essere adeguatamente esaminati per la formulazione di proposte ed iniziative concrete.

Lo voglio sottolineare ancora una volta: la libertà religiosa è un principio essenziale di convivenza umana e delle relazione fra Stati. La sua negazione mette in pericolo i diritti più elementari di ogni persona, ma se l’aggressione è perpetrata contro intere comunità, si innesca una spirale perversa che mette in pericolo la sicurezza e la pace tra i popoli. Quindi, questa è politica estera.

L’impegno della Farnesina è totale: dall’ONU all’UE, dall’OSCE al Consiglio d’Europa. Fino al dialogo bilaterale con i Paesi terzi. Siamo già in prima linea, in tanti Paesi, anche con progetti di Cooperazione allo Sviluppo al servizio della libertà religiosa. Cito un esempio fra tanti: le forniture di beni scolastici, in Iraq, per favorire il ritorno delle minoranze religiose nella piana di Ninive, in particolare cristiani e yazidi. Grazie a questo intervento molte scuole riapriranno a settembre dopo oltre tre anni di inattività a causa di Daesh. 

All’ONU, l’Italia sostiene inoltre ogni anno le Risoluzioni per la tutela della libertà di religione e di credo. Appoggiamo poi quelle iniziative che coinvolgono i leader religiosi nella prevenzione dell’incitamento all’odio fra i giovani.

Ricordo anche che al Vertice G7 di Taormina abbiamo incoraggiato i nostri partner a prestare maggiore attenzione ai gruppi più vulnerabili al richiamo degli estremisti. E abbiamo lanciato un forte segnale ai provider di internet per mettere off-line l’internet del terrore. Quello spazio oscuro della rete che attrae e radicalizza tanti, troppi giovani.

I luoghi di preghiera, i luoghi educativi come le scuole e le università, il mondo dei media e i social media, devono essere luoghi per prevenire e promuovere i valori del dialogo e della tolleranza.

Anche l’Unione Europea può aiutarci in questa strategia. A Bruxelles, l’Italia ha per esempio contribuito a definire le “Linee Guida UE sulla Libertà di Religione e Credo”, che indirizzano le politiche europee nei Paesi non membri dell’Unione. Vogliamo che la libertà religiosa sia sempre riflessa nelle relazioni esterne dell’Unione Europea.

Sul piano nazionale, grazie alla Legge sul negazionismo, che ho contribuito a fare adottare, oggi sono previste sanzioni molto severe, e persino la reclusione, per chi istiga a commettere o commette violenza per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi.

Ma non basta garantire una tutela formale sul piano giuridico. Anche in Paesi caratterizzati da standard elevati di protezione dei diritti, aumentano i tentativi di ridurre il fenomeno religioso a una tra le tante manifestazioni di scelte meramente individuali, da confinare nell’ambito della sfera privata.

Io rifiuto con forza l’opinione di coloro che sono per la libertà di credo purché “non si veda” e purché sia “praticata dentro le mura di casa”. E’ la negazione dei principi democratici e liberali. Ogni persona deve avere il diritto di esprimere liberamente il proprio credo, non solo attraverso il culto, ma anche attraverso la partecipazione alla vita della comunità.

E’ questo un altro fondamentale messaggio che dobbiamo cercare di trasmettere ai giovani e lo dobbiamo fare investendo di più nell’istruzione. L’istruzione, più di ogni altra azione, squarcia il velo delle ipocrisie e ci insegna a perseguire il credo della tolleranza. Senza paura e ritrosie.

A questo proposito, vorrei ricordare la costituenda “Accademia Europea delle Religioni” promossa dall’Università di Bologna e dalla Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII, che ha ottenuto il patrocinio della Farnesina e il sostegno del Parlamento Europeo, per favorire studi interdisciplinari e dialogo fra ricercatori di ogni fede e cultura.

Non è un caso che il fanatismo terrorista prenda di mira, nel mondo, le scuole, le università, i centri di cultura, bruci i libri, combatta il sapere: la punta di una matita è il più temuto dei nemici.

Non nascondiamocelo: la via della cultura è molto più forte della via dell’odio e la via della pace molto più ardua della via della violenza. Il terrorismo può prendere d’assalto chiese, moschee o sinagoghe, uccidere donne e bambini indifesi, riuniti in preghiera in un attimo di vulnerabilità, ma non potrà mai sconfiggere – nell’umanità – i più profondi e radicati valori del dialogo e della pace. Ai “cattivi maestri” che insegnano l’estremismo o l’indifferenza, l’Italia oppone la civiltà del dialogo e della cultura.

La religione è fede ma – riguardando l’uomo e il suo rapporto con Dio e con la società – è anche cultura. E’ con questa convinzione che difendiamo nel mondo il patrimonio culturale e religioso, che è un lascito straordinario alle generazioni più giovani. Non possiamo consentire che fanatici distruggano le espressione architettoniche ed artistiche del patrimonio dell’umanità.

In questo spirito, quest’anno, Italia e Francia hanno fatto adottare all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU una Risoluzione per la protezione del patrimonio culturale e religioso in aree di crisi. In quel momento ho pensato con commozione alla storia di Khaled al-Asaad, il grande archeologo e custode dei monumenti di Palmira trucidato da Daesh.

Cari amici, l’Italia, anche per la sua collocazione geografica al centro del Mediterraneo, ha una antica vocazione al dialogo con culture e religioni differenti, senza mai cadere nell’autoreferenzialità o avere la pretesa di dare lezioni ad altri. La mia stessa terra d’origine, la Sicilia, si è arricchita grazie a importanti influenze ebraiche, islamiche e cristiane che le hanno conferito un’eredità spirituale che ancora vive nei tratti propri dell’umanesimo mediterraneo.

La nostra iniziativa di oggi è ispirata a questi forti valori, che condividiamo con la diplomazia vaticana. E siamo convinti, in questo modo, di contribuire a un mondo più sicuro e tollerante. Perché difendere la libertà religiosa significa costruire la pace e promuovere quella cultura del dialogo e della convivenza di cui la comunità internazionale ha – oggi più che mai – bisogno vitale.

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