Farnesina, 5 febbraio 2018
(Fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Ho il grande piacere, per il secondo anno consecutivo, di darvi il benvenuto alla Farnesina e di inaugurare i lavori della Conferenza degli Addetti Scientifici italiani nel mondo. Sono particolarmente lieto di farlo assieme alla Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, e alla Ministra della Salute, Beatrice Lorenzin.
La scienza e la politica hanno una caratteristica in comune: l’esigenza di dover sempre fare delle scelte. Governare è scegliere tra differenti opzioni, diverse proposte. Analoga selezione compie lo scienziato nel vagliare i dati e i vari percorsi di ricerca. Ed entrambe, scienza e politica, devono rivolgersi alla dimensione umana nelle loro pratiche applicazioni.
Quanto a scienza e diplomazia si potrebbe dire che sono alleate naturali. Non c’è sfida globale – dalle minacce alla sicurezza energetica e alimentare alla lotta al cambiamento climatico e alle pandemie – che la diplomazia possa illudersi di vincere senza l’aiuto della scienza.
Io credo profondamente nel grande valore aggiunto dell’attività degli Addetti Scientifici all’estero, accanto ai diplomatici. Si tratta di una componente strategica della proiezione internazionale dell’Italia. E’ un’attività che, da un lato, riflette l’interesse nazionale; dall’altro, rappresenta un investimento in grado di garantire un importante ritorno economico al nostro Paese. Scienza ed innovazione alimentano la competitività e la crescita del nostro sistema produttivo. Ed è per questo che intendiamo ampliare la nostra rete di Addetti Scientifici, includendovi eventualmente anche accreditamenti secondari in Paesi per noi di rilievo.
La “diplomazia scientifica” è una diplomazia di “Serie A” – che completa la “diplomazia economica” e la “diplomazia culturale” – in un grande Sistema Paese che deve “fare squadra” in qualsiasi parte del mondo. Questo è l’obiettivo del nostro Piano straordinario di promozione integrata. E vorrei ricordare che nell’ultima Legge di Bilancio abbiamo previsto risorse aggiuntive a favore di questo Piano: 150 milioni di euro per il triennio 2017-2020, di cui 30 milioni nel 2018.
Il tema centrale della Conferenza odierna è “Salute 4.0 e l’innovazione che parla italiano”. La scelta non è casuale. Come sapete, le “scienze della vita” sono a livello globale un settore strategico in forte crescita, su cui puntano le economie avanzate per la ripresa della competitività e per raggiungere un più alto grado di benessere.
Noi abbiamo la grande fortuna di vivere in un Paese che l’anno scorso Bloomberg ha classificato fra i Paesi più salutari al mondo. Inoltre, secondo il Medical Tourism Index, l’Italia è al 4° posto in Europa e al 9° posto nel mondo come meta del “turismo sanitario”. C’è ancora molto da fare, ma le potenzialità sono enormi.
Sul piano della ricerca siamo al 5° posto per qualità di pubblicazioni scientifiche nel settore sanitario, con punte di eccellenza nella medicina e nelle biotecnologie. E questo aiuta in maniera significativa la nostra “filiera della salute” che, secondo un recente Rapporto di Confindustria, vale il 10,7% del Pil, dà lavoro a 2,4 milioni di persone e attrae importanti investimenti esteri.
Questo settore ha beneficiato forse più di altri di una attiva “osmosi” tra mondo della ricerca e quello dell’impresa, secondo il modello di sviluppo tecnologico “aperto”, dell’Industria 4.0, che stimola i vari protagonisti del processo di innovazione ad unirsi, ovvero: ricerca, formazione ed impresa.
Quello che intendiamo costruire insieme, grazie al prezioso aiuto degli Addetti Scientifici, è un modello di innovazione aperta e diffusa. Proprio per valorizzare questo modello la Farnesina ha istituito, insieme al MIUR e all’Associazione italiana degli incubatori universitari – PNI Cube, due riconoscimenti: uno, indirizzato ad un ricercatore che si è distinto all’estero per la propria attività scientifica; l’altro, al fondatore di una start-up di successo operante all’estero. Oggi ho quindi il piacere di premiare due straordinarie espressioni dell’innovazione italiana.
Inoltre, vorrei annunciare che la Farnesina sta lavorando con il MIUR all’aggiornamento della piattaforma Innovitalia, per continuare a collegare i ricercatori italiani in Italia e all’estero con le imprese italiane che investono nella ricerca e nell’innovazione. Vorrei poi annunciare una nuova iniziativa che intendiamo promuovere quest’anno: porteremo all’estero una grande mostra realizzata dal CNR e dai principali Musei della Scienza italiani, per trasmettere un forte messaggio al mondo di un’Italia portatrice di scienza, tecnologia e innovazione. Per cui, vi chiedo un grande aiuto a sostenere tutte queste iniziative che hanno lo scopo, sia di valorizzare, sia di potenziare, la nostra meravigliosa rete di ricerca in Italia e nel mondo.
Sono altrettanto convinto che le opportunità non manchino per fare un ulteriore salto di qualità alla nostra cooperazione scientifica internazionale. Prendo l’esempio della Cina, dove sono stato in missione l’anno scorso per ben due volte per sostenere il progetto della “Nuova Via della Seta”. Da una parte, per continuare ad espandere il libero commercio globale. Dall’altra, per sviluppare la via della cultura, della scienza e della tecnologia. L’Italia ha l’ambizione di costruire con la Cina una “Via della Conoscenza” fatta di collegamenti tra l’Asia e l’Europa non solo materiali, ma anche immateriali: realizzati da quella rete intangibile di idee e di innovazioni che contribuisce alla produttività e al progresso.
Fra Italia e Cina sono in vigore oltre 600 accordi universitari e scientifici. Dobbiamo capitalizzare questo tesoro fatto di rapporti di fiducia e di diffusione della conoscenza. E non solo in Cina, ma anche e soprattutto nei mercati emergenti. Domani parto per una nuova missione in Indonesia, in Tailandia e in Singapore. Anche in questa occasione, la cooperazione scientifica sarà centrale nella mia agenda. Perché, badate, gli Accordi bilaterali di cooperazione scientifico-tecnologica conclusi nell’ultimo quinquennio (2013-2017) ci hanno consentito di co-finanziare – con il contributo del MIUR, del Ministero della Salute e del Ministero dell’Ambiente – oltre 1000 progetti di ricerca e di mobilità di ricercatori tra l’Italia e il resto del mondo.
Oltre all’Asia, per geografia, storia e cultura, il Mediterraneo allargato e l’Africa sono aree prioritarie di cooperazione scientifica. Solo nell’ultimo anno abbiamo fatto importanti passi in avanti. Penso, ad esempio, al progetto regionale SESAME (Synchrotron-light for Experimental Science and Applications in the Middle East) grazie al quale, nel maggio del 2017, è stato inaugurato in Giordania il primo laboratorio di ricerca comune che ha coinvolto tra gli altri scienziati israeliani, iraniani e palestinesi. E pochi giorni fa ho illustrato le nostre priorità per l’EXPO 2020 di Dubai, che dedicherà grande attenzione a ricerca e innovazione italiane.
Quanto all’Africa, il cui PIL cresce più del 3% all’anno, ricordo che la cooperazione scientifica può dare ulteriore impulso alla nostra presenza nel continente. L’Italia è un Paese che ha già investito molto nelle capacità scientifiche africane. E’ ora di coglierne appieno i dividendi attraverso un ulteriore slancio della cooperazione scientifica. Per esempio, non dimentichiamoci che l’Italia ospita il più grande hub scientifico delle Nazioni Unite: il Polo Scientifico di Trieste. Quasi 7.000 scienziati africani si sono formati a Trieste tra il 2007 e il 2016 e questa cooperazione ha favorito la nascita di 15 nuove Accademie delle Scienze in Africa. E’ un grande investimento strategico su cui costruire.
Per concludere, vorrei che da questa Conferenza usciste più motivati e più consapevoli del sostegno mio, della Farnesina e del Governo alla vostra azione. Noi siamo fieri di voi: un gruppo ristretto di scienziati, selezionati per servire il Paese in base alle vostre capacità e attitudini. Nella scienza, come nella diplomazia, le capacità e il merito sono qualità che risaltano in modo oggettivo e sono misurabili con criteri precisi e con il raggiungimento di risultati. Il buon scienziato, come il buon diplomatico, deve saper coniugare studio, lavoro, fatica, intuito; e poi coraggio di sperimentare e anche di fallire. Allo stesso tempo, quando si ha merito, quando si è capaci, e quando si ha successo, è naturale provocare – bene che vada – una certa invidia o senso di emulazione nei nostri concorrenti. Ma questo deve essere per voi e per noi motivo di ulteriore orgoglio, vanto e motivazione. Perché il vostro successo e quello della scienza e della ricerca italiana sono anche una delle ragioni del successo dell’Italia nel mondo.