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Discorso dell’On. Ministro “Change the World Model United Nations Rome 2018”

Farnesina, 2 febbraio 2018

(Fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)

 

Presidente Corbino, (Associazione Diplomatici)

Cari amici e cari studenti,

E’ un grandissimo piacere accogliervi qui, alla Farnesina, nella “casa” della diplomazia italiana. E’ molto bello vedere così tanti giovani interessati alla diplomazia e al mondo che ci circonda. Per cui, vorrei congratularmi con l’Associazione Diplomatici per questa splendida iniziativa, dopo l’esperienza che abbiamo già condiviso insieme all’Assemblea Generale dell’ONU a New York lo scorso marzo.

Mi hanno detto che sarete impegnati in simulazioni diplomatiche all’interno di tre grandi espressioni delle Nazioni Unite e della diplomazia multilaterale:

  1.   Il Consiglio di Sicurezza, di cui l’Italia stessa è stato membro nel 2017, dando il proprio contributo alla stabilità e alla pace. Abbiamo affrontato con i nostri partner sfide prioritarie come la guerra in Siria, l’instabilità in Libia e la minaccia nucleare nordcoreana. Io stesso, nello scorso mese di novembre, ho presieduto il Consiglio e vi devo confessare che – anche se ho una certa esperienza in politica – presiedere quel consesso mi ha molto emozionato.
  1.   Conoscerete più da vicino anche la FAO, con la sua cruciale missione di lotta alla fame e di promozione di un modello di agricoltura sostenibile. Quando soffri la fame l’unico pensiero è da dove verrà il prossimo pasto. E’ impossibile pensare allo studio o al lavoro. Questa è la realtà quotidiana per quasi 800 milioni di persone: 1 persona su 9 nel mondo soffre la fame. Cambiare questa realtà è possibile. Dal 1990 ad oggi la tendenza è in miglioramento: 216 milioni di persone non soffrono più la fame. Ma si può e si deve fare di più.

L’Italia ospita il più importante hub delle Nazioni Unite in questo ambito. Il “Polo Romano” dell’ONU, oltre alla FAO, è costituto dal Programma Alimentare Mondiale (PAM) e dal Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD). Il fatto che abbiano le loro sedi a Roma è un importante riconoscimento all’Italia del suo ruolo di leadership nella sicurezza alimentare e nutrizionale nel mondo. Ma è anche e soprattutto una grande responsabilità a stimolare la comunità internazionale verso l’obiettivo di “fame zero” (“zero hunger”).

  1.   Infine, conoscerete il lavoro dell’Agenzia ONU per i Rifugiati (UNHCR), che ci aiuta a far fronte ad una crisi epocale: la crisi migratoria globale. Più di 65 milioni di persone in tutto il mondo – un numero senza precedenti che è all’incirca quello della popolazione italiana – sono costrette a fuggire dal proprio Paese. Di queste, più di 22 milioni sono rifugiati e più della metà di età inferiore ai 18 anni. E sono orgoglioso di dire che se l’UNHCR opera oggi in Libia è anche merito dell’Italia che, da una parte, ha svolto un’azione diplomatica sulla Libia; dall’altra, ha finanziato le attività di UNHCR con oltre 10 milioni di euro.

Nel Mediterraneo, l’Italia ha affrontato questa crisi seguendo un approccio che ha coniugato solidarietà e sicurezza. Abbiamo salvato in mare oltre 650.000 persone e così facendo anche l’onore dell’Europa. Allo stesso tempo, siamo rimasti sicuri, identificando ed espellendo chi, sul nostro territorio, ha dimostrato di disprezzare i nostri valori e le nostre libertà. Sono convinto che in questi anni abbiamo dimostrato che non è sempre vero l’assioma secondo cui i  politici o i diplomatici, al contatto con il potere, finiscono per privilegiare il cinismo all’ideale. Al contrario, abbiamo sempre fatto prevalere le ragioni dell’individuo a quelle dei sondaggi elettorali; la centralità della persona umana all’annichilimento delle tragedie e all’indifferenza.

Il ruolo dell’ONU è questo: aiutare le persone senza mai avere paura delle diversità. E’ quello che ha detto Papa Francesco in tante occasioni e lo cito: “non bisogna avere mai paura delle diversità”, poiché le diversità “ci aiutano, ci sfidano e ci arricchiscono”.

Vorrei raccontarvi una storia concreta che parla di questi temi che voi affronterete. E’ la storia di Nujeen Mustafa, una bambina siriana disabile che a 16 anni scappa dalla guerra e dalla fame in Siria e diventa rifugiata. Sulla sua sedia a rotelle, aiutata dalla sorella, percorrerà 6.000 km dalla sua Siria in fiamme all’Europa, attraversando 8 paesi e naturalmente il pericoloso passaggio nel Mediterraneo.

E quando, oltre alla disabilità, Nujeen ha affrontato anche lo status di rifugiato ha detto che la cosa più difficile è stata: “convivere con la sensazione continua di essere sgradita . . . sapere che tutti si volevano liberare di noi, farci semplicemente sparire nel nulla perché il nostro esodo costituisce un problema”. Ma Nujeen non ha perso la speranza e alla domanda – come ti vedi tra 20 anni? – ha risposto: “fare l’astronauta è ancora il mio più grande desiderio, ma il Piano B è fare la scrittrice”.

Un “Piano B” che non mi sembra affatto male, perché Nujeen ha avuto il coraggio di scrivere un bellissimo libro sul suo straordinario viaggio, che secondo me contiene anche alcune fondamentali raccomandazioni per la politica, per la diplomazia e per la vita in generale. In particolare: che ognuno di noi ha il potere di cambiare le cose se sa ascoltare il bene che è nel suo cuore. Il mio consiglio, anche per voi, è di non avere paura né delle crisi che affliggono il mondo, né delle diversità, né delle vostre idee che possono contribuire a cambiare in meglio la realtà. E se la realtà vi appare scoraggiante, allora vi dico: prendete in mano il vostro futuro e impegnatevi per cambiarla. Ma non restate mai indifferenti.

Dovete perseguire i vostri sogni con grande entusiasmo, con spirito di curiosità e tanta voglia di fare. Ma questa spinta ideale deve essere coniugata – specialmente in chi occupa posizioni di potere e incarichi internazionali – con la responsabilità di fare del bene e quindi cambiare le cose in meglio. 

Responsabilità è stato il filo conduttore di una grande Conferenza internazionale contro l’antisemitismo, che abbiamo organizzato qui alla Farnesina pochi giorni fa. Ancora oggi, nelle nostre città, italiane ed europee, c’è il rischio di una nuova ondata di antisemitismo, di razzismo, di xenofobia e di islamofobia che portano odio, tensioni e conflitti sociali. La ruota del fanatismo può incominciare a girare ovunque, in qualsiasi società ed epoca. In Italia, esattamente 80 anni fa, venivano promulgate le Legge razziali e l’indifferenza di tanti italiani fece sì che ebrei – nostri concittadini – fossero internati in campi di concentramento, dove poi persero la vita.

Nello Stato e in ogni organizzazione – anche quelle internazionali – oltre ad una responsabilità istituzionale, c’è sempre una forte responsabilità individuale e personale. Nessuno può cercare giustificazioni in norme o istruzioni “ingiuste”. Certe volte, rifiutare di fare il proprio dovere in modo zelante significa semplicemente fare del bene.  Certe volte, violare le regole “ingiuste” fa del bene. 

In questo senso, vi racconto una storia che potrebbe essere intitolata il “falso diplomatico”. E’ la storia di Giorgio Perlasca, originario di Como, che si era trasferito nel 1942 in Ungheria, dove faceva affari rappresentando un esportatore italiano. Dopo l’invasione tedesca dell’Ungheria, Perlasca fu mandato in un campo di detenzione, ma riuscito a fuggire, ritornò a Budapest dove trovò rifugio nell’Ambasciata spagnola. A quel tempo, il Partito fascista ungherese era salito al potere e aveva instaurato un regime del terrore. Le Organizzazioni internazionali e le Ambasciate cercarono di aiutare gli ebrei fornendo loro documenti di protezione e assegnando loro “case protette”.

Ma poi la situazione degenerò e nel dicembre 1944 l’Ambasciatore spagnolo lasciò definitivamente l’Ungheria, abbandonando anche i sigilli ufficiali dell’Ambasciata. Perlasca decise di agire. Fingendosi un funzionario spagnolo, distribuì lettere di protezione, negoziò con le autorità ungheresi e si recò personalmente nelle prigioni per far rilasciare ebrei. Sfruttò intelligentemente la sua falsa identità per cacciare gli squadroni del Partito fascista ungherese fuori dalle “case protette”. Per me, questo “falso diplomatico” è un grandissimo diplomatico e ha meritato l’alto riconoscimento di “Giusto fra le Nazioni” da parte dello Yad Vashem, l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah di Israele.

La storia di Nujeen e quella di Perlasca ci parlano dell’odio verso la diversità e del grande male dell’indifferenza. Ma sono anche e soprattutto storie positive che ci ispirano, perché ci dicono che vale la pena – sempre – seguire la nostra coscienza, il nostro “senso del giusto”. Ciò che ispirò le Nazioni Unite, esattamente 70 anni fa, ad approvare la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, dopo la tragedia della seconda guerra mondiale.

Rispetto per la diversità, ascolto della propria coscienza e agire con responsabilità è quello che mi sento oggi di consigliarvi, sia per le simulazioni che affronterete, sia per il vostro futuro in diplomazia o in qualsiasi altra attività lavorativa che perseguirete. E sono certo che così troverete il modo per affermarvi. Da parte mia, vi auguro ogni successo!