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Il terrorismo rivolto contro i gruppi etnici minoritari, e contro le minoranze religiose in particolare, è una sfida ai principi universali di civiltà e alle ragioni stesse della convivenza umana.


E’ motivo di profonda angoscia, in questo contesto, la situazione in Nigeria, dove una setta estremista che si è molto rafforzata negli ultimi anni, Boko Haram, persegue con atroce determinazione la strategia di colpire le Chiese cristiane nelle festività religiose. Il terribile bilancio è di quasi 1.000 morti in tre anni, più di 300 nel solo 2010. Rimarrà per sempre impresso nella nostra memoria il ricordo degli eccidi del Natale scorso e dell’attentato della Pasqua di quest’anno, mentre ogni domenica ci troviamo a compilare una triste contabilità di morti e feriti, col rischio sempre più concreto di un’inaccettabile spirale di violenza.


Ma l’estremismo settario e fondamentalista non risparmia nessuno, prendendo di mira l’umanesimo che accomuna le grandi religioni monoteiste.


L’Italia ha intrapreso da tempo, grazie a un efficace raccordo e a una profonda convergenza di valori tra Governo, Parlamento e società civile, una forte azione politica, che la pone in prima linea nella promozione e nella tutela della libertà di religione nel senso più ampio: libertà di credere o di non credere, di professare il proprio culto, di convertire e di convertirsi senza altro condizionamento che quello della propria coscienza. E’ un’azione che si articola in tre livelli. Il primo è quello propriamente diplomatico. E’ indispensabile la concretezza e l’immediatezza dei risultati, e l’Italia ha assunto in tal senso un ruolo di impulso degli interventi a tutela della libertà religiosa, che intende mantenere in tutte le sedi. Per questo motivo, allorché l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato, nel dicembre dello scorso anno, la risoluzione dell’Unione europea sulla libertà di religione, abbiamo voluto che venisse esplicitamente sancito il dovere di ogni Stato di prevenire le violenze contro le minoranze religiose, di punirne i responsabili, e di prevedere a questo scopo precisi strumenti normativi e operativi.


Lunedì prossimo si riuniranno a Lussemburgo i 27 ministri degli Esteri europei. Torneremo a sostenere anche in quell’occasione la necessità che la task force dell’Unione europea sulla libertà religiosa elabori, in tempi molto brevi, vere e proprie linee guida operative dell’ Europa. Esse devono includere sia una strategia comune di tutti i Governi europei per le iniziative da intraprendere all’ Onu, sia sostegni concreti ai programmi di promozione della libertà religiosa nei vari Paesi, utilizzando tutti gli strumenti finanziari a disposizione dell’Unione. E la necessità del coinvolgimento sempre più incisivo della comunità internazionale nel contrasto al terrorismo d’impronta religiosa è anche al centro dell’azione italiana alla XX sessione del Consiglio dei diritti umani, in corso in questi giorni a Ginevra. Senza mai perdere di vista l’obiettivo: ottenere che vengano dovunque consolidati al livello costituzionale valori e principi che assicurino la reale tutela delle minoranze, e innanzi tutto della libertà religiosa, che si fonda necessariamente su tre presupposti: robuste radici morali delle Carte fondamentali; leggi conformi ai principi costituzionali; apparati statuali efficaci nel farle rispettare.


E’ un tema che da parte italiana viene posto all’ordine del giorno di tutti gli incontri internazionali, in particolare con i rappresentanti dei Paesi in transizione verso la democrazia, nella convinzione che il vero banco di prova per verificare il rispetto delle libertà fondamentali sia la tutela dei gruppi minoritari, in particolare di quelli religiosi, siano essi cristiani, ebraici, musulmani.


Ma il decisivo terreno di sfida è nelle menti dei giovani.


Dalla violenza ci si difende innanzi tutto con programmi e progetti concreti che sviluppino una coscienza sociale diffusa, antitetica a ogni forma di intolleranza e discriminazione. Il secondo livello della nostra strategia è finalizzato a orientare l’azione della società civile: l’Italia chiede perciò che tutte le organizzazioni non governative pongano come prima priorità, in qualsiasi loro progetto, la tutela della libertà religiosa.


E, infine, il terzo livello: la formazione e l’educazione. Degli insegnanti, prima ancora che degli studenti. Sosteniamo progetti di collaborazione tra università di diverse appartenenze etniche e religiose, nei Balcani, nel grande Medio Oriente, in Asia. E’ uno sforzo che si affianca agli interventi di emergenza a favore delle vittime della violenza. Compiamo un investimento sul lungo periodo, fiduciosi che le ragioni del dialogo e della comprensione reciproca prevarranno sugli integralismi.


Un grande teologo, Luigi Sartori, ha scritto che «per arrivare all’Altro bisogna passare attraverso l’altro». Sono parole riconducibili anche a personalità di altissima levatura spirituale come Ahmed Al Tayyeb, grande imam di Al Azhar, o il compianto patriarca copto di Alessandria Shenouda III. Parole che restituiscono l’essenza di quella dimensione morale senza la quale ogni politica estera sarebbe colpevolmente cieca. Ecco perché i terroristi potranno, forse, arrecarci ancora dolore con il loro carico di odio, ma hanno già perso la loro vile battaglia.

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