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E l’uomo staccò la spina (Il Messaggero)

IL FENOMENO
Si comincia appena svegli controllando il cellulare, eventuali notifiche, messaggini e chat. Si prosegue dopo il caffè aprendo la pagina Facebook, twittando il primo post di giornata, collegandosi a Skype per vedere chi è in linea, scorrendo WhatsApp in caso si sia aggiunto qualche nuovo contatto. E ancora i siti di informazione, i blog, Google, la casella email sempre aperta, YouTube già impostato quando si apre il browser, le foto da pubblicare assolutamente su Instagram, il post da aggiungere su Pinterest… E a sera sembra di essere passati dentro una centrifuga, bombardati di informazioni, dati, nozioni. Per la maggior parte di scarso interesse. Con l’ansia costante di perdersi qualcosa se non si è connessi 24 ore su 24.


NOSTALGIA DELLA LENTEZZA
Stanchi? Basta rallentare. Fermarsi e disintossicarsi un po’. Lo suggerisce la filosofia di Slow Communication, un movimento che ha nostalgia della lentezza, dell’informazione accurata e di una vita più reale e meno virtuale. Senza costante adrenalina digitale si può sopravvivere. Anzi si vive meglio, sostiene il fondatore Andrea Ferrazzi, esperto di comunicazione, 35 anni, responsabile della segreteria del vice presidente del consiglio della regione Veneto. E’ lui ad aver lanciato a ottobre, all’internet Festival di Pisa, Slow Communication. Ispirato da Cittàslow e Slow Food, partita dall’Italia e diventata una filosofia globale. Il progetto ha subito acquistato un membro illustre ed entusiasta: il ministro degli Esteri Giulio Terzi, che così ha commentato: «Un’iniziativa veramente suggestiva, da leggere anche come appello a esprimere, proprio sul web, ragionamenti che vadano oltre la reazione immediata e troppo spesso reattivamente emotiva».


VIA LO SMARTPHONE
«Non siamo contrari alla tecnologia, ma usiamola con parsimonia, non restiamo connessi 24 ore su 24, non guardiamo il cellulare appena apriamo gli occhi la mattina, non incolliamoci allo smartphone se siamo con altre persone», esorta Ferrazzi. La tecnologia deve essere a servizio dell’uomo e non viceversa. L’abuso dei social media non solo ci aliena ma si riflette anche sulla capacità di leggere e assorbire notizie in modo critico. «Ho fatto un esperimento. Mi sono cancellato da Facebook e mi sono accorto che dopo un po’ di tempo ho recuperato la facoltà di concentrazione che avevo perso a causa della dipendenza dai social network», sostiene. Slow Communication conta un centinaio di iscritti e diventerà presto una fondazione in grado di raccogliere fondi per poi investirli in borse di studio, progetti di formazione e ricerche che indaghino sugli effetti collaterali dell’abbuffata da web. «Sarebbe davvero interessante avere questi dati. E vedere per esempio se il multi-tasking è quel gran vantaggio che si va dicendo», ci spiega Elena Farinelli, esperta di social media e nuove tecnologie che approva la filosofia di Slow Communication: «Mi sembra bello sensibilizzare la gente e cercare di istruire le persone sull’uso di internet e dei social. La troppa visibilità pub essere un boomerang. Mettiamo dei paletti. Per esempio no a foto di bambini, a filmati violenti, alla connessione che dura da sera a mattina, a meno che non serva per lavoro. Non sono i mezzi sbagliati, ma l’utilizzo che ne facciamo. Per sopravvivere bisogna disintossicarsi ogni tanto. Se invece di uscire il sabato sera vi piazzate su internet allora c’è qualcosa che non va».


INTERNET E DEMOCRAZIA
La strada è stata indicata da uno degli intellettuali più influenti del mondo: «Durante un recente intervento in Italia il sociologo Zygmunt Bauman ha citato l’esempio di Slow Food aggiungendo: ora mi aspetto che nasca qualcosa di simile per promuovere il pensiero lento. Ed eccoci qua», dice orgoglioso Ferrazzi. Che sfata un altro mito della rete: «Non è vero che internet aiuti la democrazia. Sui social network si afferma il dibattito solo tra persone che la pensano già allo stesso modo e poi sul web le emozioni si diffondono con troppa facilità. Penso per esempio ai sentimenti populisti del movimento di Beppe Grillo e all’euroscetticismo di ritorno, come se l’Europa fosse solo spread e Merkel». Esempi calzanti, premesse veritiere. Ma basterà a farci scollegare?


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1. CONTROLLI PERIODICI
Valutare periodicamente il proprio grado di cyber-dipendenza rinunciando a collegarsi: se dopo poche ore le vostre buone intenzioni crollano, iniziate a preoccuparvi e a pensare a una cura adeguata, magari una vacanza slow.


2. RIDURRE LE ORE
Limitare l’utilizzo dei social network e di Facebook in particolare per evitare cyber-dipendenza. Se avvertite la necessità di assumere una massiccia dose quotidiana di social network l’unica terapia è cancellare il proprio profilo.


3. ALZARE LO SGUARDO
Non trasformarsi in «zombie messaggianti» (la definizione è dello scrittore Jonathan Franzen) che non staccano mai il proprio sguardo, e quindi il proprio cervello, dallo schermo di un cellulare o di un tablet.


4. PRENDERE TEMPO
Smettere di controllare cellulari e tablet come ultima azione della sera e come prima del mattino: se c’è una nuova mail è molto probabile che possa essere letta anche dopo mezz’ora senza compromettere la vostra esistenza.


5. PARLARSI A VOCE
Non affrontare, per quanto possibile, argomenti complessi o delicati nelle e-mail o con gli sms: dato che i fraintendimenti sono molto comuni, è preferibile un colloquio telefonico o meglio ancora a quattr’occhi.


6. TORNARE AL LIBRO
Alimentare l’abitudine a leggere articoli lunghi e possibilmente d’autore e i cari vecchi libri: per i nativi digitali c’è una preoccupante incapacità a comprendere, analizzare e rielaborare testi scritti.


7. MEDITARE
Coltivare i propri momenti di solitudine che, come insegna Zygmunt Bauman, è quel sublime stato in cui è possibile raccogliere le proprie idee, meditare, riflettere, creare e dare senso alla comunicazione.