Che fumi è certo. Tanto anche. Il problema è cosa brucia. Capire dove va a trovare l`energia fisica e mentale per essere Emma Bonino. O, in omaggio al più indistruttibile degli acciai, Boninox. Ovvero una protagonista totale. Unica nel suo genere. A metà strada tra piazza e palazzo, padrona della scena politica e in prima linea su quella civile, in Italia, in Europa e nel Mondo. Seguirla a Parigi per un summit sulla Siria, in Sierra Leone per la campagna di abolizione della pena di morte, in Costa d`Avorio per la sigla di accordi economici e fermarla 20 minuti nel suo ufficio alla Farnesina, prima che riparta per Gibuti a rilanciare la lotta contro le mutilazioni genitali femminili, è come assistere a un one woman show. In questa intervista, raccolta nella fase di massima incandescenza del caso Marò, il ministro degli Esteri spazia a tutto campo e parla anche di sé. A un certo punto confida che nella vita le è mancato il coraggio di dire «per sempre». Sarà. Ma chi la segue da 40 anni direbbe il contrario. Non solo che esiste da sempre, ma che esiste sempre di più.
Ministro, ce la fa a riportare a casa i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone?
«Ce la mettiamo tutta. Non io, noi. Spazio per iniziative individuali non ce n`è. La questione investe tutte le istituzioni, presidente del Consiglio, Parlamento, ministri della Difesa, Esteri e Giustizia, più un Commissario straordinario, l`Avvocatura dello Stato e i migliori studi legali indiani».
Obiettivo?
«Far passare un concetto: qualsiasi cosa sia successa, i marò erano in servizio, non possono essere terroristi, come non è un Paese terrorista l`Italia. Quindi è inaccettabile la pretesa indiana di giudicare sulla base di una legge antiterrorismo».
Cosa intende per «qualsiasi cosa sia successa»?
«In uno Stato di diritto, qualsiasi cosa sia successa, un`accusa va provata e fino a quando non lo è, ogni imputato ha diritto alla presunzione di innocenza».
Il suo ruolo?
«Internazionalizzare la crisi. E non è stato facile. Parliamo di rapporti con un gigante come l`India. Ci sono voluti pazienza, disciplina e mesi di lavoro per informare i colleghi, far pronunciare Germania, Francia, Stati Uniti, muovere il rappresentante Esteri della Unione Europea Catherine Ashton e il presidente della Commissione Barroso».
Come si sente nel segreto di negoziati e trattative?
«Niente di segreto. L’ attività diplomatica è per sua natura riservata. Tra segreto e riservato la differenza è enorme».
Le vengono rimproverati toni morbidi.
«Secondo qualcuno basta battere i pugni sul tavolo. Se servisse lo farei, ma dipende dall`interlocutore, dal caso e dalle circostanze».
Dalla nave fatta rientrare dalle acque internazionali, ai militari autorizzati a scendere a terra, qualche errore è stato commesso. Avremo una commissione di inchiesta?
«Sarei favorevole. Ma non per aprire il gioco delle recriminazioni. Capire cos`è successo aiuta a essere più scafati, meno garibaldini. In effetti un po` lo siamo stati».
Garibaldini anche gli indiani nell`applicazione delle regole.
«Esattamente. Dobbiamo tutelarci anche da possibili avventure con Paesi terzi. Applicando il massimo rigore nella scrittura delle leggi, con procedure e linee di comando chiare».
Marò a parte, si sente un po` mamma degli italiani in giro per il mondo?
«Penso di essere considerata tale. Non dovrebbe essere. Gli italiani che vanno all`estero per affari o turismo sono decine di milioni. Guai ce ne sono sempre e per qualsiasi cosa si invoca l`Unità di crisi della Farnesina. Si esagera».
Quanti casi seguite in un anno.
«Diecimila, senza contare le ambasciate. Più di 300 per sottrazione di minori. Capita a tutti di litigare sui figli, ma quando uno dei coniugi è straniero è facile che li porti con sé nel Paese d`origine. Intervenire nei rapporti tra adulti non è facile. Poi abbiamo 3.120 italiani in carcere. Si proclamano tutti innocenti. E non sempre lo sono. Vigiliamo sul rispettato dei diritti civili. Ma la Farnesina non può fare il giudice. Soprattutto in un Paese terzo. Non so se mi spiego».
Italia, Usa, Polonia e Afghanistan. Anche lei è stata arrestata quattro volte.
«In Afghanistan sono stata catturata dai talebani, ma le altre erano tutte scelte di disobbedienza civile. Ho violato apertamente una legge, pronta a pagare il prezzo della disobbedienza o per aprire un confronto o per dimostrare che la legge non era applicabile».
Ministro, è sulla scena da 40 anni. Ci tolga un dubbio: Bonino si nasce?
«No, si diventa. Da ragazza avevo addosso un`irrequietezza che non riuscivo nemmeno a esprimere».
Poi cos`è successo?
«Nell`estate `74 ho incontrato Adele Faccio, Gianfranco Spadaccia, Marco Pannella e tutti gli altri. Io venivo da una famiglia praticante, ma liberale, einaudiana, doverista; e nella casa radicale, che poteva sembrare un po` balzana, ho visto espresse e praticate le cose che sentivo dentro. Il senso della libertà congiunto col senso di responsabilità. L`importanza delle regole e la sacralità della legge. Il cambiamento attraverso la non violenza».
Due anni dopo era in Parlamento.
«Fu una grande scuola. Avevo 28 anni, ero giovane, in più ero donna, che per l`epoca non andava forte, e radicale. Eravamo in quattro, Marco (Pannella, ndr) pretendeva che si imparasse a memoria il regolamento e all`inizio non capivo. Invece aveva ragione. L`unica cosa che protegge una minoranza sono le regole e le leggi».
Perché i radicali sono rimasti esigua minoranza?
«Il loro peso si è fatto sentire sulla vita civile. Basta pensare al caso Tortora o al finanziamento pubblico dei partiti».
Che però esiste ancora.
«Gli hanno cambiato nome definendolo rimborso elettorale. E questo in violazione del dettato costituzionale».
Da destra a sinistra, negli ultimi vent`anni si è appoggiata a diverse forze politiche. Mai nessuno le ha dato del voltagabbana?
«È successo. Ma io rimango una militante radicale. Fiera di esserlo. Non uno di noi è mai stato inquisito. Poco? Può darsi. Io me ne faccio onore e gloria».
In Italia vede le donne ancora svantaggiate?
«Lo dicono l`accesso al mercato del lavoro o la diversità di stipendi. Non abbiamo discriminazioni per legge, le abbiamo nella testa. Le più faticose da eliminare. Se guardo indietro mi dico che di strada se n`è fatta. Cambiare si può, allora tanto vale insistere».
Dove sono i margini di miglioramento?
«Nelle nuove generazioni. Ma il welfare all`italiana è ancora sulle spalle delle donne. Questo Paese non ha capito che sta invecchiando. O meglio, lo vede, ma non attua una politica adeguata. E anche gli anziani vanno a pesare sulla parte femminile della famiglia. Hai voglia di essere Kíng Kong, ma se hai un ragazzino da crescere e un anziano da tenere a bada come fai a lavorare?».
Non può essere anche un modello virtuoso?
«Non può essere un destino. Una comunità si deve far carico delle aspirazioni di tutti».
Ha un compagno?
«No, sono single. Anzi se…».
Pronta a innamorarsi?
«Innamorarsi non è che costa fatica. Capita, come l`influenza. A differenza dell`influenza, dà un sacco di energia».
C`è un`età per innamorarsi?
«Non credo. Dipende da una disposizione di spirito. Certo, i grandi amori sono pochi. E quando un grande amore finisce è anche un grande dolore e forse uno si dice: mai più. O forse non c`è nemmeno bisogno che se lo dica. Passa del tempo e uno si rende conto che è da molto tempo che non capita più».
Ha avuto due figlie in affido.
«Erano bambine di famiglie diverse. Poi le famiglie se le sono riprese. Questo uno lo sa dall`inizio, ma quando capita è dura. Quel silenzio quando rientravo era insopportabile, e quando se ne sono andate le bimbe ho dovuto cambiar casa anch`io. Le vedo ancora. Sono diventate grandi, hanno avuto dei figli e in qualche modo sono anch`io nonna di tre nipoti».
Rimpiange di non aver avuto figli?
«Un figlio è per sempre. E il coraggio di dire per sempre io non l`ho mai avuto».