ROMA. «Nessun paese è immune da rischi, l`Is ha fatto purtroppo proseliti anche in Occidente». Il ministro degli Esteri Federica Mogherini ha appena incassato il via libera delle Camere all`invio di armi ai curdi. Siede nel cortile di Montecitorio. Invita l`Europa a reagire unita anche di fronte al rischio terrorismo. Di fronte alla domanda sulle sue chance di diventare Alto Rappresentante per la politica estera dell`Unione, decisione che sarà presa dai leader Ue il 30 agosto, non si scompone. Il viso comunica serenità e convinzione di potercela fare, anche se non lo può dire apertamente.
Ministro, è soddisfatta di come governo e Parlamento si sono mossi nella crisi irachena?
«L`Italia è stata promotrice della definizione di una cornice europea che non era affatto scontata. Quello che sta succedendo in Medio Oriente oltre che un`emergenza umanitaria è legato alla sicurezza europea e italiana. Per usare le parole di Renzi, l`Europa è anche questo, è portatrice di una visione e di valori che sono nel suo dna politico. Reagire in questi scenari fa parte della nostra ragion d`essere».
In quali termini si tratta di una questione di sicurezza?
«L`Is vuole riportarci allo scontro di civiltà tra Islam e Occidente. Ma l`Is è un`organizzazione terroristica che usa la religione per perseguire il proprio disegno sanguinario. L`Islam non ha nulla a che fare con tutto questo e infatti c`è stata una reazione compatta anche del mondo arabo contro chi vuole sterminare yazidi, cristiani e musulmani».
Con l`invio delle armi ai curdi ci sono rischi di attentati in Italia?
«La preoccupazione c`è ma non è maggiore oggi, dopo questa decisione, rispetto a una, due o tre settimane fa. E del resto è chiaro che nessun paese è immune da rischi, Isis ha fatto proseliti anche in Occidente. Lo testimonia il numero di combattenti stranieri in Siria e Iraq e lo dimostrerebbe la notizia, se fondata, che l`assassino di Jim Foley è britannico. È evidente che si tratta di un problema di cui l`intera Europa ha non solo il dovere, ma anche l`interesse a occuparsi».
L`Italia ha la presidenza di turno dell`Unione. Lavora a iniziative specifiche?
«Stiamo già lavorando con tutti gli attori della regione, a partire dall`Iran e dalla Turchia, fino ai paesi del Golfo. Soprattutto puntiamo su una prospettiva più ampia: ritengo fondamentale la costruzione di un nuovo equilibrio regionale in Medio Oriente che coinvolga tutti gli attori rilevanti su tutti gli scenari di crisi, anche perché sono profondamente connessi. Non possiamo più affrontare le crisi in Libia, Siria e Iraq separatamente una dall`altra. Serve un progetto per tutta l`area e questo va fatto coinvolgendo tutti gli attori, alcuni dei quali finora non si sono parlati. Sono convinta che questo possa essere un compito all`altezza delle aspirazioni e dell`impegno internazionale dell`Ue. Credo che sia il tempo di assumerci le nostre responsabilità di europei, e di agire da protagonisti nel mondo».
Quale sarà il ruolo dell`Italia?
«L`Italia può avere e sta già avendo un ruolo guida in Europa visto che abbiamo buone relazioni con tutti gli attori della regione. Ora l`emergenza è fermare l`Isis e proteggere la popolazione civile, in parallelo lavoriamo all`iniziativa politica».
Avremo contatti anche con l`Iran?
«Ho già parlato più volte con il ministro degli Esteri Zarif e lo riceverò i primi di settembre quando sarà in visita in Italia».
Come intende affrontare il nodo siriano?
«La strategia sulla Siria è da rivedere, serve un lavoro come quello portato avanti sull`Iraq, dobbiamo creare una cornice europea e internazionale che tenga conto di tutti gli sviluppi. Al consiglio informale dei ministri degli Esteri dell`Unione in programma il 29 e 30 agosto a Milano lavoreremo proprio su una strategia politica complessiva per il Medio Oriente, che poi condivideremo con gli altri attori internazionali».
Il ruolo dell`Italia sull`Iraq ci rinforza negli altri negoziati europei come quello sui conti pubblici?
«C`è sempre più attenzione dell`opinione pubblica sulla necessità di trovare politiche economiche adeguate. Le faccio un esempio: si dice sempre che l`Europa non ha politica estera comune ma abbiamo dimostrato che quando c`è la volontà di agire gli strumenti per farlo si trovano. Sull`economia vale lo stesso discorso, se c`è consapevolezza e volontà politica gli strumenti per dare una risposta si trovano».
L`iniziativa sull`Iraq, compresa la visita di Renzi a Bagdad ed Erbil, aiuta a superare le perplessità di alcuni partner alla sua candidatura a “ministro degli Esteri” dell`Unione?
«In realtà una critica vera e propria alla mia candidatura non è mai stata formalizzata. C`è un problema complessivo legato agli equilibri tra famiglie politiche e aree geografiche che devono trovare mia rappresentanza. A ogni modo sull`Iraq abbiamo fatto un ottimo gioco di squadra. È un buon modo di lavorare, dimostra che quando c`è volontà politica l`Europa può dare risposte. Velocemente, ed in modo unitario. È questa l`Europa che ci piace, e che chiedono gli europei».
Come risponde alle critiche dell`M5S e di Sel?
«Non voglio entrare in polemica. Del resto la mia prima dichiarazione sull`Iraq guardava proprio alla creazione di un corridoio umanitario sul quale la comunità internazionale sta lavorando da qualche settimana. Il problema è come crearlo. Comunque quella militare non è la soluzione di medio periodo, che non può che essere politica, lo sappiamo bene».