Gentiloni: “Non accetteremo un’intesa a qualunque costo”
“La firma cambierebbe il ruolo di Teheran in Medio Oriente”
Colloquio
Dall’inviato ad Amman
«Siamo a favore di un buon accordo a Losanna ma ciò non significa sostenere le posizioni iraniane»: il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni parla del negoziato sul nucleare di Teheran dopo aver incontrato re Abdallah di Giordania.
La visita ha in cima all’agenda le crisi in Libia e Yemen, la lotta a Isis, il sostegno all’emergenza-profughi e la necessità di riprendere il negoziato israelopalestinese ma le notizie che rimbalzano dalla Svizzera sulle difficoltà della trattativa fra Teheran ed il gruppo 5 1, portano il capo della Farnesina a riflettere su quanto sta avvenendo. «L’Italia si augura di poter arrivare ad un buon accordo» lì dove «buono» significa andare «oltre i riflessi sul nucleare» sottolinea Gentiloni, spiegando che «avrebbe effetti positivi sull’evoluzione dell’Iran in diversi teatri di crisi» ovvero «dall’impegno contro Isis allo Yemen». Nella riflessione di Gentiloni si sommano dunque le due dimensioni della trattativa di Losanna. Da un lato c’è la necessità di ridefinire il programma nucleare iraniano e a tale riguardo precisa che «il Gruppo 5+1 non accetterà un accordo qualsiasi» ma firmerà solo in presenza di risultati tangibili. E dall’altro c’è la possibilità di portare Teheran a «cambiare ruolo» sugli scacchieri di crisi regionali.
Sono due in particolare i riferimenti che fa il ministro: «Mosul e lo Yemen». A Mosul l’Iran preme sull’Iraq per dare l’assalto alla città occupata da Isis con truppe sciite e gli Usa – come l’Ue – temono sia la tattica errata, destinata a spingere i sunniti verso Isis. Nello Yemen, l’ombra dell’Iran dietro i ribelli houthi è stata la miccia che ha portato all’intervento arabo guidato dai sauditi.
Solo il fatto di citare i luoghi geografici di queste crisi dimostra l’attenzione di Gentiloni per le posizioni dello schieramento sunnita a cui la Giordania appartiene, partecipando ai raid tanto contro Isis in Iraq che contro gli houthi in Yemen.
A conferma della convergenza fra il sovrano e il ministro c’è quanto viene detto durante l’incontro al Palazzo reale. Abdallah illustra l’importanza di aver creato una «coalizione contro i rinnegati» – come definisce i terroristi di Isis – perché, come spiega il suo ministro degli Esteri Nasser Judeh, «è la nostra guerra, dobbiamo essere noi, Paesi arabi a combatterli, in prima linea con le operazioni militari e con un’offensiva culturale e religiosa per delegittimarli». L’interrogativo è se la «forza araba congiunta», creata dalla Lega Araba, potrà essere destinata in futuro a crisi come la Libia. Gentiloni non si sbilancia in merito ma dice: «I Paesi arabi guardano con interesse ai colloqui di Rabat» ma «se fallissero Amman ripartirebbe dalla risoluzione Onu sulla Libia incentrata sulla lotta al terrorismo».