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Pistelli – «Per rimuovere le cause di instabilità serve anche la cooperazione» (La Stampa)

«Dicono a volte che la cooperazione è solo una roba di nicchia – spiega il viceministro degli Esteri e della Cooperazione Lapo Pistelli – poi però non è un caso che quando c’è da dare un segnale alla Tunisia dopo l’attentato del museo si intervenga cancellando una parte del debito e convertendo un’altra in progetti di sviluppo. Lo stesso avviene quando si vuole aiutare l’Egitto a far ripartire l’economia, o quando si va nel Corno d’Africa per fermare l’esodo».

Insomma, la cooperazione allo sviluppo è utile…

«Questi sono anni in cui non è “utile”, è fondamentale. È lo strumento principale per affrontare le cause remote e profonde dell’instabilità e del disordine mondiale. Non è “un atto di carità” per lavarci la coscienza: è politica estera allo stato puro. Molti non lo hanno ancora compreso».

Però i dati dell’Ocse dicono che l’Italia continua a spendere molto poco per la cooperazione internazionale. L’obiettivo sarebbe lo 0,7% del Pil, siamo fermi allo 0,16%.

«Ci siamo impegnati a correggere questo dato, ma a partire da un dato realistico: l’Italia è un grande Paese, e per salire e arrivare allo 0,3% del Pil bisogna stanziare due miliardi. Tuttavia, nel Def appena approvato dal governo c’è un obiettivo importante e ambizioso: centrare lo 0,3% nel 2020, tra cinque anni».

Ma pochi mesi fa lei aveva affermato di voler raggiungere lo 0,3% nel 2017, e lo 0,5% del Pil nel 2023…

«C’è stato sicuramente un aggiornamento, non dico di no. Come obiettivo politico, io continuo a puntarci. Ma se si raggiungesse quota 0,3% nel 2020 stapperei lo champagne, perché vorrebbe dire mettere un paio di miliardi in più sugli aiuti allo sviluppo. E ricordo che il livello massimo toccato nel 1990 – altra economia, altra valuta – fu soltanto lo 0,42%. Quel che conta è far capire che queste risorse non sono spese, ma investimenti. In ogni caso per fortuna in Parlamento il clima sul tema della cooperazione è molto positivo, ed è importante che ci sia un ministro dell’Economia come Padoan, in grado di assicurare un percorso pluriennale».

Che anno è per la cooperazione questo 2015?

«È un anno pazzesco: a livello internazionale c’è la conferenza di Addis Abeba sulla finanza per lo sviluppo, quella di New York sulla nuova Agenda per lo sviluppo, a Parigi quella sul clima. Per noi italiani c’è anche Expo, e l’implementazione della legge 125, la riforma della cooperazione votata l’anno scorso. Morale della favola, a fine anno avremo i nuovi target e la nuova grammatica dello sviluppo. Addis Abeba ribadirà l’obiettivo dello 0,7% come impegno per i Paesi più sviluppati. Attuare la riforma vorrà dire anche lavorare sulla qualità della spesa, sull’impatto dei progetti, ma anche usare le risorse pubbliche per mobilitarne altre, di soggetti internazionali e privati».

A che punto siamo con l’attuazione della riforma?

«Gli adempimenti che dovevamo realizzare come ministero li abbiamo portati tutti a termine; alla vigilia dell’estate potremo lanciare il bando per la nomina del direttore dell’Agenzia, e a fine anno il nuovo sistema andrà a regime. È stato tutto troppo lento rispetto alle mie speranze, e rispetto al voto quasi unanime e molto rapido del Parlamento».