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Gentiloni: “Chi ha nostalgia delle frontiere?” (l’Unità)

La vergognosa notte di Colonia esige una risposta severa da parte delle autorità tedesche e ricorda anche a noi che nessuna confusione è accettabile tra il dovere dell’accoglienza dei profughi e la tolleranza verso violenze e illegalità. Tanto più una risposta severa è necessaria perché quei fatti fanno irruzione in un’Europa che sul tema dell’immigrazione è da mesi sull’orlo di una crisi di nervi.

A chi volesse tenere nervi saldi senza seguire la spinta emotiva della settimana ricordo alcuni punti fermi.

L’Unione Europea ha avviato una politica comune sull’immigrazione, su spinta iniziale dell’Italia, ma per ora solo sulla carta. Non è possibile governare flussi come quelli attuali senza un impegno comune UE. Le regole di Dublino, pensate nel periodo post guerra fredda non reggono con i flussi attuali. Dire che a dare asilo deve essere il paese di primo arrivo aveva senso con ingressi di poche decine di migliaia, quest’anno in Grecia sono entrati 851mila migranti. Ovviamente con questi numeri l’asilo deve essere europeo, non a carico del primo paese. Nei fatti è già così ma non se ne prende atto e si accusano i greci (e qualcuno addirittura noi italiani) di non fare il loro dovere.

La distinzione tra chi ha diritto all’asilo, perché fugge da guerre e dittature, e altri migranti irregolari, che vengono da paesi “sicuri”, va mantenuta. I primi vanno accolti, i secondi rimpatriati. Ma con due avvertenze.

Primo: definire sicuri paesi che non lo sono affatto è inutile perché poi non siamo in grado di rimpatriare nessuno verso quei paesi (Eritrea, ma anche Afghanistan). Secondo: anche le operazioni di rimpatrio non possono che essere europee: hanno implicazioni giuridiche, organizzative ed economiche gigantesche e non certo risolvibili dai soli paesi di primo arrivo.

Purtroppo l’Ue ancora fatica a riconoscere questa semplice realtà e tende a ignorare la necessità di un vero, gigantesco impegno per asilo e rimpatri europei affidando piuttosto tutto alla «difesa delle frontiere esterne». Slogan suggestivo quanto di dubbia utilità. I migranti vanno registrati, accolti se ne hanno diritto e altrimenti rimpatriati. Invocare la difesa delle frontiere fa pensare ad altro. Respingiamo i gommoni? Li affondiamo? Nessuno lo pensa davvero in Europa, e quindi più che appelli a difendere le frontiere servirebbero appelli a condividere il necessario sforzo comune seguendo l’esempio di paesi come l’Italia o la Germania che certo in questi mesi non si sono risparmiati. Se invece si continua solo a litigare e a dare la colpa ai greci, la prossima primavera rischia di veder rifiorire frontiere e dogane in mezza Europa.