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Amendola: “La mia Vienna” (l’Unità)

Potremmo chiudere il Brennero e chiedere di fare controlli in territorio italiano. Le parole di Doskozil, ministro della Difesa austriaco, suonano bizzarre non solo per il nostro Paese, ma per la tradizione europeista di casa a Vienna. Perché l’innalzamento di una barriera lunga 250 metri al confine tra Italia e Austria è una scelta pericolosa.

Il governo austriaco, a guida socialdemocratica, si sta muovendo in modo unilaterale, rischiando di aprire una crepa nella cooperazione europea in materia d’immigrazione.

A questo punto domandarselo è lecito: qual è la spinta che induce i partiti austriaci a scelte del genere? Perché Vienna volta le spalle a una necessaria collaborazione e solidarietà europea? Domande che affliggono maggiormente chi, come me, ha vissuto a lungo in Austria con in tasca la tessera dei socialdemocratici della Spoe, coprotagonisti con i popolari del Ovp al governo.

Se guardiamo l’analisi dei flussi del nostro Ministero degli Interni, la dimensione del fenomeno tra i due Paesi è gestibile con sicurezza e senza allarmismi.

Se, invece, allargando lo sguardo, si studiano le previsioni sulle rotte dall’Africa verso il nostro continente, siamo dinanzi ad un tema epocale, che non si potrà gestire con il filo spinato alle frontiere o con scelte isolazioniste.

Sia chiaro, nessuno vuole nascondere i rischi ma, come per la crisi dei profughi sulla rotta balcanica, è evidente che l’Europa nel suo insieme, senza isterismi o chiusure, ha sicuramente i mezzi per evitare rotture al suo interno.

Ed allora, con il rispetto dovuto, è opportuno seguire gli umori che influenzano le scelte politiche a Vienna. Poiché basta attraversare le vie di una città aperta al dialogo tra mondi e culture distanti per accorgersi delle radici convintamente europeiste. Vienna sede dell’Onu, dell’Osce e dei più delicati vertici internazionali; simbolo della socialdemocrazia del ‘900, luogo d’incontro sul confine della cortina di ferro che divideva l’Europa, come volle il grande leader Kreisky. Una città governata dalla sinistra dal ’45, esempio d’inclusione e buongoverno. In molti marciammo lungo il suo Ring nel ’99 quando Haider fu portato al governo dai Popolari austriaci, con le proteste energiche della leadership europea dell’epoca. Proprio Haider fu il precursore dell’Europa delle “piccole patrie”, del rigurgito populista contro Bruxelles, e organizzò la rivolta anti immigrati propagata anche a casa nostra.

Una retorica ereditata da Strache (Fpo) – politico dal sorriso accattivante e dagli slogan duri (“Vienna non sarà Istanbul”) – che cresce nei sondaggi in vista delle elezioni del 2018 e spopola nel “Kanzlefrage” come prima scelta per il cancellierato. La destra austriaca ha già sfondato nelle ultime amministrative (ha resistito ancora una volta Vienna) lì dove, come hanno propagandato,”I cittadini si sentono stranieri nei loro Land”.

Tra due settimane ci sarà un test elettorale, l’elezione del Presidente della Repubblica che, mai come questa volta, si presenta problematica per i partiti tradizionali. Un buon indizio per i nostri quesiti poiché, secondo molti osservatori, la politica dura sui flussi migratori è un tentativo per recuperare terreno da parte delle due forze al governo.

Ad onor del vero, l’esecutivo austriaco non si è mai opposto alle misure del piano Juncker, ma l’operazione Brennero è in contraddizione con la realtà: dei 90 mila profughi arrivati lo scorso anno in Austria, solo una quota molto minima è passata dal valico italo-austriaco.

Ma i populisti austriaci non retrocedono, usano l’immigrazione come miscela esplosiva sfruttando le ansie economiche e occupazionali che segnano le società europee. Eppure anche da questa angolatura è evidente l’autolesionismo della scelta del Brennero. Secondo Confcommercio il blocco alla frontiera mette a rischio l’interscambio commerciale che avviene attraverso i valichi stradali, con un danno solo per le imprese dell’autotrasporto da 170 milioni l’anno. Un colpo per la dorsale che unisce l’Italia, Austria e Germania considerata strategica nel “Corridoio 5” dall’Ue, come testimonia la costruzione della nuova Galleria del Brennero, dal costo di 8,8 miliardi di euro. Ed allora, se la paura detta scelte irrazionali mettendo a rischio un benessere comune, le forze al governo, in primis la sinistra austriaca, potrebbero avere difficoltà ad arginare, con barriere simboliche, l’avanzata dei populisti che sulle paure forgiano il messaggio politico.

Un rischio paradossale che colpirebbe anche la storica amicizia italo-austriaca. Un’amicizia viva nelle strade di Vienna, spesso marcata con ironia dalla storia, come nella Heldenplatz dove troneggia la statua del Prinz Eugen, eroe nazionale che fermò l’assedio ottomano alla capitale, all’anagrafe Principe Eugenio Savoia Carignano, un genio militare straniero salvatore della corona asburgica.

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