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Gentiloni: «Le imprese siciliane abbiano il coraggio di unirsi e conquistare i mercati esteri» (Giornale di Sicilia)

É cruciale per le piccole e medie imprese italiane e siciliane trovare mezzi e modalità per aprirsi ai mercati globali, producendo con l’export quel surplus che va ad alimentare anche l’economia locale italiana. Il sistema Italia dunque, spiega il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, si schiera a fianco delle PMI fornendo tutta una serie di strumenti che vengono illustrati oggi a Palermo nel corso del Roadshow per l’internazionalizzazione (all’Albergo delle Povere a Palermo, ndr).

 Ministro, con il Roadshow da tre anni promuovete città per città l’internazionalizzazione delle imprese. Ci spiega i vantaggi dell’internazionalizzazione per le imprese italiane?

 «Parlano le cifre. Negli ultimi dieci anni c’è stata una riduzione del fatturato per le imprese che operano solo sul mercato interno e un incremento costante per quelle attive sui mercati internazionali. I mercati esteri hanno rappresentato in questi anni una concreta risposta alla crisi della domanda interna, basti pensare che il peso dell’export sul nostro PIL è aumentato fino a rappresentarne oltre il 25% (nel 2015, 414 miliardi di euro di export su 1.642 miliardi di PIL). Ora finalmente, anche la domanda interna da segni di ripresa. Ma l’estero resta cruciale».

Di cosa ha bisogno un’impresa per crescere all’estero e quali strumenti mettono a disposizione le istituzioni italiane?

«Bisogna concentrarsi sulle piccole e medie imprese che non sono sufficientemente strutturate per poter affrontare da sole il mercato e la competizione internazionale ed utilizzano ancora troppo poco gli strumenti pubblici di sostegno esistenti. Il governo ha una Cabina di Regia per l’Internazionalizzazione (riunitasi l’ultima volta lo scorso 27 ottobre alla Farnesina), che riunisce attorno allo stesso tavolo Ministeri, territori (Conferenza delle Regioni) e rappresentanti degli operatori economici e definisce gli indirizzi dell’attività di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese. Uno dei risultati principali della Cabina di Regia è l’identificazione dei Paesi prioritari per l’attività promozionale ed in particolare per le missioni “Italia”, tenendo conto, da un lato, delle potenzialità dei mercati per le nostre imprese e, dall’altro, della necessità di rafforzare la nostra sicurezza complessiva».

Internazionalizzarsi vuol dire aprirsi ai mercati mondiali per cogliere le migliori opportunità. Questo vuoi dire provare a incrementare l’export, ma quali sono i confini con il rischio di delocalizzazione delle imprese?

«Parlando di piccole e medie imprese, internazionalizzarsi significa soprattutto diversificare la propria offerta, compensando così la flessione della domanda interna con quella estera. Non si tratta di promuovere la delocalizzazione in una logica di contenimento dei costi. Tutt’altro. In molti casi proprio questa differenziazione delle varie fasi produttive ha permesso di mantenere gli investimenti più efficienti (e spesso a più alto valore aggiunto) e di effettuarne di nuovi proprio in Italia, con positive ricadute sull’occupazione e sullo sviluppo di filiere e indotto che altrimenti sarebbero potute scomparire».

La situazione internazionale al momento non è delle più rassicuranti: Medio Oriente in fiamme, tensioni con la Russia, revisione dei trattati di commercio internazionale, Brexit, probabile protezionismo di Trump… Come la politica estera italiana aiuta le imprese nel mondo?

«Anzitutto lavorando per favorire gli scambi commerciali e non per incoraggiare muri e barriere protezionistiche. La Farnesina mette a disposizione del Paese le capacità e le professionalità adatte per cogliere e interpretare a 360 gradi questi scenari complessi, grazie alla sua rete diplomatico-consolare. Una rete intelligente che interpreta i nuovi equilibri globali ed i conseguenti mutamenti nei mercati, sia quelli più maturi (Europa e Nord America) sia quelli in crescita in Asia e America Latina, sia quelli strategici per il nostro futuro in  Africa». •

La Sicilia si trova nel cuore del Mediterraneo. Posizione da sempre ideale per essere crocevia di sviluppo e commerci internazionali. Ma oggi il Mediterraneo è un mare complicato e sono più i suoi problemi che il suo sviluppo ad essere al centro delle cronache. Come possono fare le aziende siciliane a rilanciarsi anche globalmente e come vengono supportate in questo dalle istituzioni?

«La Sicilia, con il suo inestimabile patrimonio culturale ed un territorio unico, si trova in una posizione privilegiata verso il Mediterraneo. Il suo potenziale ancora inespresso potrebbe  trovare nuova vitalità, sfruttando a pieno gli strumenti di sostegno pubblico già esistenti e che saranno presentati nel corso della giornata. Dai prodotti agricoli alla chimica e all’elettronica, voci importanti dell’export siciliano, possono trarre nuova linfa dal supporto che le istituzioni possono fornire: penso alle azioni a favore dell’agroalimentare previste dal Piano Straordinario per il Made in Italy, al sostegno finanziario che può fornire il gruppo Cassa Depositi e Prestiti sino all’azione della Farnesina. Da parte delle imprese, è necessario uno sforzo per superare il limite dimensionale che spesso penalizza le nostre PMI sui mercati internazionali. È per questo che incoraggiamo lo sviluppo di logiche di filiera e di forme di aggregazione come le reti d’impresa, soprattutto in una terra così ricca come la Sicilia».

Ministro, quanto incidono in questa proiezione internazionale la stabilità e la credibilità dei Governi? In altre parole quanto può pesare il risultato del referendum?

«Non voglio fare nessuno allarmismo. Non si vota per paura a favore di una riforma attesa da decenni. Detto questo è comprensibile che all’estero si auspichi che il cammino di ripresa dell’Italia possa continuare».