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Di Maio: Il mondo cambia. È il momento di superare anche gli steccati ideologici (La Repubblica)

Caro Direttore,

l’editoriale da lei firmato e pubblicato domenica scorsa su questo giornale apre un dibattito cruciale. Il parallelismo tra le agende del presidente eletto degli Stati Uniti, Joe Biden, e le posizioni del leader dei laburisti britannici, Keir Starmer, mi porta a riflettere – come ha osservato lei stesso – sulla necessità che le grandi democrazie mondiali inizino ad affrontare assieme le più complesse questioni globali.

In fondo, si sta per chiudere un anno che sarà ricordato nei libri di storia per come un organismo invisibile all’occhio umano, il Coronavirus, abbia mandato in crisi l’intera umanità. La pandemia ha causato sofferenze umane e prodotto effetti drammatici sull’economia e sulla società. E la prima lezione che abbiamo appreso riguarda proprio il valore del multilateralismo. Un strumento spesso sottovalutato, ma forse l’unico in grado di fronteggiare le presenti e future crisi globali. Il multilateralismo non è un concetto astratto, non è qualcosa di sfuggente, bensì costituisce un rilevante elemento di concretezza che ha immediate ripercussioni sia sulla nostra sicurezza, sia sull’economia e sulla vita di ogni singolo cittadino.

I pilastri della politica estera e di sicurezza dell’Italia sono rappresentati da due organizzazioni internazionali: l’UE e la NATO. Quest’ultima è uno del più forti anellidi congiunzione esistenti tra Europa e Stati Uniti, un esempio di collaborazione internazionale che per tanti anni ci ha garantito, e continua a garantirci, sicurezza e stabilità. Lo vediamo anche oggi nelle crisi a noi più vicine, a cominciare dalla Libia. Sul fronte economico è chiaro che un Paese votato all’esportazione come il nostro non possa che essere a favore del libero commercio, basato su una leale concorrenza tra imprese che si fondi su regole comuni e condivise.

Il primo dicembre l’Italia assumerà la Presidenza di turno del G20 con l’obiettivo non solo di rafforzare la cooperazione internazionale per Par fronte all’emergenza sanitaria, ma anche di guardare al futuro, promuovendo una ripresa sostenibile e inclusiva. Abbiamo il dovere morale non solo di ricostruire, ma di “ricostruire meglio” e questo sarà possibile solo se il nesso tra cambiamento climatico, salute globale e crescita economica guiderà la ripresa Post-pandemia.

A livello mondiale è finalmente diffusa la consapevolezza che l’economia verde e la circolarità saranno gli assi portanti del mondo che verrà. Il Green Deal europeo e l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 garantiscono investimenti solidi e a lungo termine da parte delle imprese. Non a casa sempre più Paesi, dalla Cina al Giappone, dal Canada al Regno Unito, hanno lanciato strategie di lungo termine per la neutralità climatica. E non a caso le più autorevoli organizzazioni internazionali hanno evidenziato che investire nella “green” economy genera ricchezza due o tre volte maggiore rispetto alle fonti tradizionali. Ma quando parliamo di ambiente parliamo anche di futuro e per questo, quando il prossimo anno co-ospiteremo la COP26, riconosceremo un ruolo da protagonisti alle giovani generazioni.

Il mondo è cambiato, bisogna superare i vecchi steccati ideologici e capire in che direzione andrà. Le etichette contano poco: ciò che conta è cercare di influenzare i mutamenti in atto. Stiamo lavorando per questo e, se ci riusciremo, l’Italia sarà sempre più protagonista sullo scenario globale.