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Tajani: «Roma centro del mondo. Da qui spinta per la pace e al dialogo in Occidente» (Il Messaggero)

Tajani Roma centro del mondo. Da qui spinta per la pace e al dialogo in OccidenteIl Messaggero
Tajani Roma centro del mondo. Da qui spinta per la pace e al dialogo in OccidenteIl Messaggero

Ministro Tajani, vedere Trump e Zelensky nella basilica di San Pietro che parlano di pace è l’inizio di una svolta o magari accadrà come per Israele e Iran che si parlarono durante le esequie di Wojtyla ma poi non se ne fece niente?

«Credo che stavolta ci sia la volontà di concludere. Bisogna vedere però che cosa vuole fare Putin, la palla è nel campo della Russia. In ogni caso quella dei due presidenti faccia a faccia è un’immagine forte sotto vari punti di vista. Trasmette l’idea della centralità di Roma e dell’universalità della Chiesa. In più, sotto l’aspetto organizzativo, la Capitale ha dimostrato di avere un’efficienza straordinaria e se n’è accorto tutto il mondo. Mi sono arrivati molti messaggi di congratulazioni per la nostra capacità gestionale da parte di capi di Stato e di governo, di sovrani, di diplomatici».

E ora la pace è più vicina?

«Le immagini sono importanti. Ma magari bastassero quelle…. È stato aggiunto un passo importante e c’è comunque ancora molto lavoro da fare. L’Italia è impegnatissima in questo lavoro. I fronti sono tanti: l’Ucraina, il Medio Oriente, il nucleare dell’Iran. Per non parlare delle guerre dimenticate. Soprattutto in Africa e soprattutto in Sudan e anche in Somalia dove i terroristi sono sempre più pericolosi. Il Corno d’Africa e l’Africa sub-sahariana vanno seguite con particolare attenzione. L’Italia presenza militare nel Corno d’Africa, in Niger e in altre aree».

Il summit tra Trump e von der Leyen sull’Ucraina quando si farà e si farà davvero a Roma?

«Sull’incontro sono ottimista. Sono convinto che si farà, farlo è nel reciproco interesse dei due pilastri dell’Occidente. Roma sarebbe una ottima scelta. Silvio Berlusconi diceva che l’Europa non può fare a meno dell’America e l’America non può fare a meno dell’Europa. Mi sembra che sia proprio così».

Quando ci sarà l’incontro?

«Questo non lo so. Stiamo lavorando. Piuttosto che preoccuparsi del fatto che ci sarà o meno, noi ci occupiamo perché ci sia».

Non è che si svolgerà quando Trump, come gli altri grandi  del mondo, arriveranno a Roma per l’inaugurazione del nuovo pontificato ossia nelle prossime settimane?

«Vediamo. Intanto direi che quella potrà essere un’altra occasione d’incontro importante com’è stato il funerale di Bergoglio. Ma bisogna organizzare un vero vertice, non legato alla vicenda religiosa».

Altra finestra possibile: Trump e Ursula si vedono in occasione del vertice Nato a giugno. O è troppo lontano?

«Quella potrebbe essere un’opportunità. Ma credo che Roma sia la sede più opportuna per l’incontro e noi stiamo lavorando in questo senso».

Trova anche lei che Trump stia capendo che non conviene a nessuno la politica dei dazi e che Putin sia poco affidabile?

«Ritengo che ci sia anche Oltreoceano la consapevolezza che convenga avere un buon rapporto con l’Europa. Trump ha ragione sul fatto che in materia di difesa e sicurezza il nostro continente debba fare di più. Ma alzare i dazi, se si vuole che l’Europa spenda di più per il settore militare, è una contraddizione».

No all’Ucraina nella Nato, dice il presidente americano nella sua proposta di pace. Non è un diktat eccessivo?

«Mi pare che il percorso da avviare sia quello dell’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea».

Perché non vi sbrigate?

«In quanto tempo possa verificarsi questo ingresso, non lo so. Noi faremo di tutto per questa adesione. Intanto c’è l’entrata dei Balcani nel 2030, ma a me piacerebbe anticiparla e credo che si possa fare».

Trump sta cambiando atteggiamento verso Kiev?

«Sono i russi che stanno perdendo tempo e forzando la mano. Noi sosteniamo la mediazione di Trump. Gli americani stanno facendo il possibile. Il loro problema, e anche il nostro, è che i russi continuano a bombardare. Dicono di voler trattare ma, al di là delle dichiarazioni, non stanno dando risposte concrete agli Stati Uniti e all’Europa».

A proposito di Europa, oggi comincia il congresso del Ppe a Valencia. Voi popolari europei che funzione potete avere per placare questa sorta di «terza guerra civile – come la chiamava Bergoglio – combattuta a pezzetti»?

«Le do intanto qualche cifra. Siamo la più grande famiglia politica in Europa, con oltre 80 partiti membri, 14 commissari europei più la presidente Von der Layen, e 188 membri del Parlamento di Strasburgo e Bruxelles. Il congresso riunirà più di 800 delegati e 1200 ospiti provenienti da 40 Paesi. Parleranno tra gli altri, la presidente della commissione Ue, von der Leyen, la presidente del Parlamento Ue, Metsola, il cancelliere in pectore della Germania, Merz, il presidente del Ppe, Weber, io stesso e tanti altri».

Una corazzata così che serve a che cosa?

«Il Ppe è il partito che dà stabilità al nostro continente. L’Europa dovrà essere protagonista di una rivoluzione pacifica, della quale noi siamo pienamente parte. Una rivoluzione istituzionale è necessaria, e serve per far compiere alla Ue passi in avanti per dare risposte concrete ai cittadini. Va tolto in fretta il criterio delle decisioni prese all’unanimità. Se vogliamo impedire il successo dei populisti, dobbiamo fare questa rivoluzione su larga scala. E il Ppe non potrà che essere all’avanguardia di questa rivoluzione».

Che cosa uscirà dal congresso di Valencia?

«Io lancerò una serie di messaggi: fine dell’unanimità, unificare le figure del presidente della commissione e del Consiglio europeo, elezione diretta del presidente Ue, più potere di iniziativa legislativa al parlamento comunitario. E ancora: meno regole e meno burocrazia, nuova politica ambientale che tenga conto della questione sociale e dell’industria e dell’agricoltura, favorendo la crescita. Il Ppe può essere protagonista di questa rivoluzione e Forza Italia, che è un partito europeista, nel Ppe svolge un ruolo importante, anche perché bisogna riscoprire i valori fondanti dell’Unione e riscoprire la vera anima dell’Europa, che non è né burocratica né centralista».

È pronto l’asse popolar-europeista Merz-Tajani?

«Il discorso da fare è questo. La Germania, con un governo stabile, dovrà essere l’interlocutore privilegiato del nostro Paese. E il rapporto tra i partiti del Ppe italiani e tedeschi è sempre servito a rafforzare i rapporti tra Italia e Germania. Prima c’erano la Dc e la Cdu, ora c’è Forza Italia e Cdu».

Poco fa, parlava del protagonismo di Roma. Ma a che punto sta la legge per dare più forza alla nostra Capitale che è anche un modo per dare più forza all’Europa?

«Il governo e la maggioranza su Roma sono fortemente impegnati. C’è la riforma costituzionale, il cui primo firmatario è il nostro capogruppo alla Camera, Barelli. Già è stata approvata a Montecitorio nella scorsa legislatura, l’abbiamo ripresentata ed è in fase di approvazione. Se il governo presenterà una sua proposta, si creerà un unico progetto di riforma in cui l’idea di Forza Italia coinciderà con quella dell’esecutivo. Se vuole sapere qual è l’idea, questa è molto semplice: Roma con poteri legislativi speciali e con l’autonomia anche finanziaria, esattamente come accade a Parigi, a Berlino, a Washington. Mi pare che le proposte della sinistra, che pure contengono qualche differenza, potranno essere compatibili con il nostro percorso».

A Roma si terrà a luglio, il 10 e 11, la conferenza sulla ricostruzione  dell’Ucraina. Siamo pronti?

«Ci lavoriamo da tempo. Già abbiamo fatto una serie di vertici di preparazione. Nelle prossime settimane ci sarà a Verona la conferenza con gli enti locali e le piccole imprese per la ricostruzione in Ucraina. Altri eventi preparatori sono stati fatti a Bruxelles e anche a Roma. L’Italia nel futuro dell’Ucraina sarà protagonista. Verranno coinvolte nella ricostruzione di quel Paese le nostre istituzioni, le imprese, gli enti locali. Va rimessa l’Ucraina nelle condizioni di tornare ad essere quella che era prima. C’è una ricostruzione a guerra in corso e una ricostruzione a guerra finita. Il lavoro va cominciato subito e noi ci siamo. Ma soprattutto dobbiamo accelerare verso una pace seria, giusta, definitiva, che metta fine a questa vergogna che abbiamo dovuto subire».

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