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Perché attrarre investimenti?

Gli investimenti esteri nell’economia globalizzata rivestono un ruolo essenziale per la crescita economica ed occupazionale di un Paese, contribuendo allo sviluppo dell’innovazione nei processi industriali e nei servizi. Essi, inoltre, apportano un significativo beneficio in termini di incremento della produttività, del valore aggiunto e delle perfomance delle imprese. Un’economia moderna deve aprirsi ai capitali stranieri per essere parte delle “global value chains: gli investimenti esteri apportano capitali preziosi anche a quelle imprese le cui ridotte dimensioni non consentono di essere competitive sui mercati internazionali e introducono metodologie di lavoro innovative, nonché maggiore familiarità con mercati lontani, altrimenti difficilmente penetrabili.

Gli IDE permettono al Paese destinatario di specializzarsi ulteriormente nei settori in cui ha un vantaggio competitivo. Gli investimenti esteri costituiscono quindi un’opportunità di industrializzazione e crescita economica, sia per il Paese investitore sia per quello destinatario (secondo una logica di win-win solution).

Gli investimenti esteri appaiono indispensabili in un sistema produttivo come quello italiano, in gran parte basato su piccole e medie imprese (PMI), quando i tradizionali canali di finanziamento (bancario e da fonti interne) si rivelano insufficienti. La maggior parte delle imprese italiane che hanno superato il lungo periodo di crisi economica vissuto nei recenti anni, vi è riuscita grazie alla capacità di innovare e di internazionalizzarsi, anche con una maggiore apertura agli investimenti esteri. Attrarre investimenti diretti, infatti, significa aumentare i flussi di capitali, accrescere la competitività, la qualità, l’innovazione del nostro sistema industriale caratterizzato da un’alta propensione all’innovazione tecnologica e da un know-how particolarmente avanzato, accrescendone i livelli occupazionali e gli investimenti in ricerca e sviluppo. Le imprese estere si integrano nella filiera produttiva del Paese producendo un miglioramento sistematico delle filiere economiche.

Le imprese a controllo estero contribuiscono significativamente al sistema esportatore nazionale (flussi commerciali intra-gruppo) e più in generale all’internazionalizzazione commerciale delle nostre imprese.

Nella maggior parte dei casi, l’interesse degli investitori è di lasciare la produzione e soprattutto le fasi di ricerca e sviluppo in Italia, beneficiando della complementarietà tra la propensione all’innovazione e l’eccellenza tecnologica delle imprese italiane e la capacità operativa che i potenziali partner garantiscono.

Inoltre, le imprese estere nell’ultimo decennio hanno prodotto una crescita consistente di domanda di brevetti, in particolare nel settore manifatturiero.

Il rapporto “Grandi Imprese Estere in Italia”, redatto dall’Osservatorio Imprese estere di Confindustria / ABIE (Advisory Board Investitori Esteri), suddiviso in tre volumi, ha fatto emergere che ogni euro investito dalle multinazionali estere determina 3,3 euro di crescita complessiva nella produzione industriale e ben 5 posti di lavoro per ogni posto di lavoro creato dalle imprese estere in Italia.

Il nostro Paese è uno dei primi 20 Paesi al mondo per stock di capitali esteri, registrando un totale di oltre 493 miliardi di dollari. Il peso sul PIL è stato pari a 20,8%. Nel 2024 gli investimenti diretti esteri (IDE) sono scesi a livello globale dell’11%, con un calo particolarmente forte in Europa. Ma i segnali per il 2025 per l’Italia promettono un +48% di investimenti stimati rispetto al 2024, con un rimbalzo che potrebbe superare i 35 miliardi di dollari.

Secondo i dati UNCTAD, dal 2020 al 2024 l’Italia mostra una resilienza migliore rispetto ad altri grandi Paesi europei, come Germania, Francia e Spagna.

Le imprese a controllo estero in Italia sono pari allo 0,4% delle aziende residenti, occupano il 9,8% degli addetti, producono il 21% del fatturato e il 17,5% del valore aggiunto dell’Industria e dei Servizi. Rilevante è il loro peso negli scambi con l’estero di merci e nella spesa privata in Ricerca e Sviluppo (oltre 6 miliardi di euro). Realizzano il 35,8% delle esportazioni nazionali di merci e il 49,7% delle importazioni. Le multinazionali estere in Italia sono 18.825 e provengono da 106 Paesi (Istat, dati 2023).

Le Merger and Acquisition (M&A) nel 2024 hanno registrato un valore di circa 30 miliardi di dollari, con una crescita molto sostenuta rispetto al 2023 (solo 4 miliardi di dollari). Nel contesto europeo, il mercato italiano nel 2025 si è distinto come uno dei mercati più dinamici, con un incremento significativo delle operazioni pari a +47% rispetto all’anno precedente. Nel 2025 i deal sono stati oltre 55 per un controvalore di quasi 60 miliardi di dollari, in particolare nei settori finanziario e beni di consumo.

Gli investimenti greenfield annunciati hanno registrato una crescita del 36%, con 38,6 miliardi di dollari (dati UNCTAD, WIR 2025).

Nel 2024 l’Italia ha registrato 224 progetti di investimento annunciati con una crescita del 5% rispetto al 2023, per il secondo anno consecutivo. A fare di questo dato una notizia importante è la tendenza negativa degli altri Paesi europei: in media in calo del 5% quest’anno, col segno meno davanti alle principali tre economie continentali: Francia, Regno Unito e Germania, testimoniando il consolidamento dell’attrattività del nostro Paese (EY Attractiveness Survey, 2025).
La stabilità politica ed economica dell’Italia sta rafforzando l’attrattività del Paese anche per gli operatori del private capital. Il mercato italiano ha raddoppiato gli investimenti di capitale privato nel 2024 rispetto all’anno precedente fino a raggiungere i 20 miliardi di euro e la quota di capitali esteri oggi è pari al 27% e si attende un suo aumento grazie alla crescente competitività.