Gli alleati Nato al vertice di Chicago alla sua seconda giornata, hanno lanciato la prima fase operativa dello scudo antimissilistico che entro il 2015 sarà in grado di difendere i Paesi e le popolazioni dei 28 alleati dalla minaccia crescente di testate missilistiche da ‘”vicini” ostili, e hanno approvato oltre 20 progetti multinazionali, tra cui il sistema di sorveglianza con droni (Ags) a Sigonella, e l’acquisto di robot sminatori, che concretizzeranno la strategia della ‘smart defense’. La difesa intelligente con più cooperazione e meno sprechi, lanciata due anni fa al vertice di Lisbona, per garantire adeguati livelli di sicurezza anche in periodi di austerità. L’invito della Nato alla Russia perché cooperi allo scudo antimissilistico “resta valido” e la Nato auspica che Mosca decida presto di unirsi per fare fronte ad una minaccia che è comune. Lo ha detto il Segretario Generale della Nato Anders Fogh Rasmussem in un incontro stampa a Chicago. “La Russia non dovrebbe temere nulla dal nostro scudo che è puramente difensivo e non è indirizzato contro nessun Paese in particolare”, ha aggiunto Rasmussen.
Afghanistan, truppe non più operative da metà 2013
La Nato, al vertice di Chicago, conferma l’exit strategy dall’Afghanistan. Le forze afghane saranno messe in grado di essere operative già a partire dalla metà del 2013, con le truppe dell’Alleanza atlantica che cesseranno di combattere e resteranno sul territorio con funzione prevalentemente di supporto. “Continueremo a formare e ad equipaggiare le forze afghane fino a tutto il 2013”, ha detto il Generale John Allen, capo dell’Isaf, confermando che il ritiro completo delle truppe avverrà nel 2014. Il Presidente francese Francois Hollande ha confermato ad Obama e al Segretario della Nato Anders Fogh Rasmussen il ritiro dei suoi soldati entro la fine dell’anno, dichiarando che “il ritiro non è negoziabile”. La Francia si é però impegnata a rimpiazzare il ruolo combattente dei suoi soldati con un sostegno diverso – addestramento delle truppe afghane e contributi finanziari – che rende meno traumatica l’uscita anticipata. Secondo Rasmussen, la scelta francese è coerente con l’agenda che prevede una diminuzione e un cambio graduale del ruolo combattente delle 130 mila truppe della missione Isaf.