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Gran Bretagna, l’agroalimentare naviga in un mare incerto

UK agricoltura
UK agricoltura

Una diffusa incertezza ha caratterizzato negli ultimi mesi il settore agroalimentare della Gran Bretagna, molto esposto a fattori interni ed esterni, oltre all’introduzione di nuovi requisiti e certificazioni potenzialmente costosi per produttori e importatori.

Il valore della produzione agricola britannica nel 2023 è stato di quasi 35 miliardi di sterline (più di 40 miliardi di euro), di cui il 51% proviene dall’attività di allevamento, il 32% dalle coltivazioni, l’8% dai sussidi pubblici. A causa della riduzione dei prezzi delle principali commodity, è però diminuito del 10% il valore dell’output nell’ultimo anno. Una diminuzione che non è stata compensata da un calo dei costi dei mezzi di produzione. Anche l’aumento del 9,8% del National Living Wage (il salario minimo per i lavoratori dai 21 anni in su) ad aprile avrà presto un impatto sui costi aziendali per i produttori e i supermercati, mentre la spesa delle famiglie per alimenti e bevande alcoliche è diminuita dell’1,2%, attestandosi a 245,5 miliardi di sterline nel 2023, a causa dei prezzi in crescita.

Sul fronte interno, inoltre, il requisito di etichettatura “Not for EU”, che si intende implementare in tutto il mercato della Gran Bretagna, è tra le novità più temute da parte dell’industria per l’impatto sui costi. La Food and Drink Federation (FDF) ha stimato intorno a 150 milioni di sterline (180 milioni di euro) il costo per l’implementazione iniziale della misura e in altri 250 milioni annui (quasi 300 milioni di euro) quello per l’effettiva attuazione. Anche l’introduzione del BTOM, il nuovo sistema dei controlli alle frontiere, determina forti preoccupazioni, soprattutto per il quadro non chiaro dell’incremento dei costi per importare materie prime agricole e il livello di adeguatezza delle infrastrutture di controllo, nonché il grado di preparazione degli esportatori dell’Unione Europea (EU). Ulteriore apprensione deriva dalla misura dell’Extended Producer Responsibility, il programma adottato dal Governo britannico per ridurre l’impatto degli imballaggi sull’ambiente, le cui tariffe non sono ancora chiare e il cui costo stimato si aggira intorno a 1,7 miliardi di sterline (2 miliardi di euro).

Un altro fattore limitante per lo sviluppo del settore è la scarsità di manodopera su cui il Governo sta cercando di intervenire con una strategia di breve e lungo periodo per facilitare da un lato l’accesso alla forza lavoro straniera, soprattutto stagionale, e dall’altro per ridurre la dipendenza del settore nei confronti di questi lavoratori. Per farlo sta investendo nell’automazione e rilanciando l’attrattiva del settore, con l’obiettivo di attrarre risorse umane locali e tecnici specializzati. Anche a valle della filiera, nel settore della ristorazione, la carenza di personale e l’aumento del costo delle materie prime utilizzate stanno avendo un impatto significativo sull’attività commerciale. Tuttavia, secondo il Lumina UK Eating Out Market Report 2023, il mercato della ristorazione fuori casa sarebbe cresciuto del 5% nel 2023 rispetto al 2019.

Dal punto di vista degli scambi con l’estero, i dati confermano una bilancia commerciale strutturalmente deficitaria anche per il 2023, con una forte dipendenza dalle importazioni dal blocco dei Paesi UE.  L’Italia, nonostante la riduzione dei volumi esportati per molte categorie di prodotto, mantiene un ranking altissimo tra i fornitori di prodotti ortofrutticoli, vino, formaggi, oli di oliva.

 

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