(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Ministro Profumo,
Sottosegretario Dassù,
Signore e Signori,
il compito e l’onore di accogliervi alla Farnesina e di aprire questo incontro mi sono tanto più graditi alla luce della centralità che i temi della ricerca e dell’innovazione hanno assunto nelle politiche del Governo, e in particolare nelle strategie del Ministero degli Affari Esteri a sostegno della crescita e della competitività della nostra economia.
Il Paese ha sempre superato i momenti di difficoltà quando ha avuto la saggezza e la forza di fare affidamento sulla scienza e la conoscenza. Il “miracolo” della ricostruzione del dopoguerra fu determinato anche dalla capacità delle nostre imprese di mettere a profitto la creatività degli inventori più geniali. Pensiamo al simbolo del boom economico, la Vespa, ideata nel 1946 dall’ingegnere aeronautico D’Ascanio. E in quegli anni critici, Einaudi osservava che le commissioni che si costituivano per gestire i processi di ricostruzione non dovevano essere composte “solo di pratici, di competenti, di funzionari; giova includere – scrisse – un piccolo, anzi piccolissimo, pizzico di teorici”. Perché, diceva, non conosce chi cerca, bensì colui che sa cercare.
Le difficoltà attuali, sia sotto il profilo materiale, sia sotto quello morale, non sono affatto comparabili a quelle del dopoguerra. Il Paese ha però dovuto far fronte nei mesi scorsi a una gravissima crisi economico-finanziaria, che riusciremo a superare definitivamente solo quando l’economia avrà ripreso a crescere. Siamo convinti che, se i tassi di crescita sono stati bassi per anni, è anche perché si sono a lungo trascurate la scienza e la ricerca quali componenti imprescindibili del dinamismo economico.
Si sono rivelate fallaci le tesi di coloro che ritenevano superflui e prorogabili gli investimenti in ricerca. Mentre la spesa pubblica, la pressione fiscale e il debito pubblico crescevano in modo esponenziale, i fondi destinati alla scienza rimanevano stabili, e a livelli molto contenuti. Questo è l’irragionevole spread al quale avremmo dovuto porre a suo tempo rimedio, e di cui oggi paghiamo le conseguenze. E, paradossalmente, ciò avveniva proprio in una fase storica in cui nel mondo si affermava sempre di più l’economia della conoscenza. Un’economia in cui, secondo la definizione di Bill Gates data da Lester Thurow, per la prima volta nella storia l’uomo più ricco del mondo non possiede né eserciti, né fabbriche, né petrolio, né oro, ma “soltanto la conoscenza”.
E’ quindi evidente che occorre un cambiamento strutturale del nostro sistema economico. Dobbiamo tornare a favorire settori ad alta tecnologia e ad elevato valore innovativo, incentivando le risorse immateriali e i migliori talenti. Occorre realizzare politiche intelligenti in favore della conoscenza, sfruttando al massimo tutte le risorse finanziarie e umane disponibili. L’innovazione si produce in laboratorio, ma si stimola anche con nuovi approcci culturali che coinvolgano le componenti più vitali della società. A partire da quelle qui oggi rappresentante e che hanno scelto di valorizzare all’estero una parte della ricchezza del patrimonio scientifico italiano.
D’intesa e in raccordo con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero degli Esteri intende promuovere gli sforzi aggregativi dei nostri scienziati all’estero, con l’obiettivo di favorire proficue interazioni e collaborazioni anche con il mondo delle imprese italiane, in particolare con quelle più innovative e internazionalizzate. Tale politica richiede un approccio integrato, capace di evitare frammentazioni e di facilitare il dialogo tra istituzioni, scienziati e imprenditori.
Nel mio precedente incarico di Capo Missione a Washington, ho avuto modo di constatare di persona il successo che stanno avendo fondazioni, reti e associazioni che riuniscono scienziati italiani e di origine italiana. Ho avuto la conferma della validità di un concetto al quale ho sempre creduto: l’importanza del networking tra istituzioni e operatori del mondo economico e scientifico. Fare rete è fondamentale sia per i singoli attori – i contatti moltiplicano le opportunità – sia sotto l’aspetto macroeconomico, poiché nella società globale la competitività di un Paese è sempre più definita in termini di “connections”, cioè di capacità di trarre idee innovative dalla comunità della conoscenza con la quale è in contatto.
Mi fa piacere constatare che i ricercatori italiani all’estero sono sempre più intraprendenti nelle attività di networking, come dimostra il continuo aumento di quelli che si iscrivono nella banca dati del progetto DAVINCI gestito dal Ministero. I ricercatori iscritti nella banca dati sono più di 2400. Ci sono tutti i presupposti per superare il concetto negativo e obsoleto della fuga dei cervelli e per cogliere le opportunità offerte dalla mobilità dei talenti, dei ritorni che anche quelli all’estero possono generare per il nostro Paese. I cervelli non conoscono frontiere, men che meno fuggono, ma sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli.
La riprova che la presenza dei nostri talenti all’estero è anche fonte di significativi vantaggi per la nostra economia è stata empiricamente dimostrata da un’indagine effettuata l’anno scorso dal nostro Consolato Generale di San Francisco. Il Consolato si è rivolto a più di 100 connazionali che lavorano nel comparto tecnologico in quella che è tra le più dinamiche e innovative regioni al mondo. Dal sondaggio è risultato che la gran parte degli intervistati ha già in atto collaborazioni con il sistema produttivo italiano. L’ottimo livello di istruzione, i legami familiari e culturali, la facilità di mobilità e comunicazione hanno permesso loro di continuare negli anni a interagire con l’Italia, pur non risiedendovi più e lavorando in Società o università americane.
E’ poi evidente che dalle attività di nostri scienziati all’estero traggono beneficio anche il prestigio e l’immagine del Paese, quando prestigio e immagine sono opportunamente trasmessi e comunicati. Abbiamo tutti constatato il credito enorme che hanno la cultura e la scienza italiane nel mondo. Non tutti se ne rendono pienamente conto. Mi è piaciuto molto un certo senso di ripresa positiva colto da Dacia Maraini nella sua visita nei giorni scorsi a Harvard, di cui ha parlato ieri il Corriere della Sera. E ancora pensiamo al progetto “Enrico Fermi negli Stati Uniti, al quale lavorano 50 fisici italiani, e al CERN di Ginevra dove operano 215 scienziati italiani.
D’altra parte, dobbiamo certo fare di più per attrarre in Italia talenti stranieri. Sarebbe utile sviluppare con CNR, ASI e altri Enti di ricerca iniziative per facilitare l’arrivo e fornire assistenza ai ricercatori stranieri in Italia. Mi riferisco alle informazioni sul nostro Paese, alle notizie sugli adempimenti, ai permessi di soggiorno, alle facilitazioni per il rilascio dei visti, ecc. Il Ministero degli Esteri ha attivato un programma di borse di studio, “Invest your talent in Italy”, che ha consentito a 300 studenti provenienti da Paesi in forte crescita economica (Brasile, Turchia e India) di effettuare un’esperienza formativa in Italia, creando le basi per future collaborazioni. Analoghe iniziative sono previste con altri Paesi dell’Estremo Oriente e del Mediterraneo.
Per favorire la crescita, è fondamentale promuovere le interazioni tra scienziati, istituzioni e mondo economico. In un mondo che vive in diretta, è assurdo constatare che tra noi italiani esistano ancora barriere, difficoltà a comunicare e scambiare informazioni. Senza pretendere in alcun modo di avere esclusive, abbiamo allora pensato insieme al Ministro Profumo di creare una piattaforma informatica da mettere a disposizione di Istituzioni, università, centri di ricerca e imprese del settore dell’innovazione per condividere idee e scambiare informazioni su programmi e opportunità. Uno strumento interattivo multicanale che permetta ai partecipanti di accedere a informazioni disponibili presso i due Ministeri e di dialogare con le istituzioni, sensibilizzandole ai temi della ricerca e dell’innovazione. Un primo passo in questa direzione sarà fatto realizzando un’applicazione per tablet e smartphone per rendere più fruibili le banche dati che già offrono informazioni scientifiche e tecnologiche, come quelle RiSET e DAVINCI del Ministero degli Esteri.
La ricerca e l’innovazione hanno un costo. Il Ministero degli Esteri deve far fronte a una significativa contrazione dei fondi disponibili. Ma vogliamo comunque evitare l’inerzia da scarsità di fondi. Le idee forti e originali trovano investitori. In un’economia globalizzata è ancora più vero quanto sosteneva Victor Hugo nell’Ottocento: si può resistere all’invasione degli eserciti; non si resiste all’invasione delle idee.
Una Società che opera tra la California e l’Italia, la Crowdengineering ha comunicato di essere disposta a fornire gratuitamente la tecnologia. Anche Banca Intesa ha manifestato grande interesse. Se riusciremo a rafforzare il networking tra i protagonisti del genio italiano all’estero, integrando informazioni e generando intelligenza, avremo contribuito a produrre dinamiche molto positive anche per la competitività e la crescita della nostra economia.
Abbiamo altre iniziative in corso. Ne menziono alcune. Con la Rete Informativa Scienza e Tecnologia (RISeT) e grazie alla collaborazione dei 22 Addetti Scientifici in servizio presso Ambasciate Rappresentanze Permanenti e Consolati veicoliamo informazioni raccolte dalla rete diplomatica e dalle associazioni di ricercatori e scienziati italiani all’estero. Abbiamo avviato il collegamento della Rete degli Addetti scientifici (RISeT) a ExTender.
Ulteriore segnale sono infine le nuove Linee guida per la nomina e la selezione degli Addetti Scientifici. Vogliamo valorizzare ulteriormente questa figura professionale, individuando specifici requisiti per ricoprire l’incarico. Favorire l’eccellenza e promuovere la nostra ricerca all’estero, significa essere rigorosi nelle selezioni, facendo sempre prevalere il merito e la trasparenza.
Spero di aver fornito un contributo di riflessione ai lavori. Leggo la vostra presenza come un segnale di incoraggiamento a continuare a lavorare insieme. E auspico che la Conferenza odierna divenga negli anni venturi una tradizionale occasione di incontro e di confronto. L’intero Paese, non solo la comunità scientifica, se ne gioverebbe. È con grande piacere che cedo ora la parola al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Professor Francesco Profumo.