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Gentiloni: «Cooperazione italiana, sfida per lo sviluppo» (La Stampa – Inserto)

Non è semplice – nell’attuale contesto geopolitico e considerando i vari ambiti di crisi internazionali – tratteggiare dei buoni propositi per la politica estera italiana. L’instabilità che colpisce alcuni fronti regionali, le crisi umanitarie come la Siria e l’epidemia Ebola, l’approfondirsi di problemi connessi al processo di sviluppo globale (cambio del clima, aumento delle diseguaglianze, permeabilità alle crisi economiche, ecc.) sono sintomi che non inducono all’ottimismo. Pur tuttavia, senza sminuire l’importanza di altri obiettivi nazionali di politica estera, il 2015 potrebbe essere ricordato, in futuro, anche e soprattutto per l’adozione da parte dell’Onu di un nuovo quadro concettuale dello sviluppo- l’Agenda dello Sviluppo Sostenibile – per molti versi innovativo e persino rivoluzionario. In questo contesto si colloca l’atteso appuntamento di Expo, un palcoscenico per l’Italia e per Milano, certo, ma anche un’occasione per riflettere sul futuro del pianeta in cui viviamo e sulle grandi questioni del cibo, dell’acqua, della crescita della popolazione mondiale. Sono sfide da far tremar le vene dei polsi, ma sono anche opportunità che vedono l’Italia in prima fila negli organismi internazionali, nella ricerca, nell’industria agro-alimentare, nell’innovazione tecnologica, nell’esportazione del Made in Italy.

Alcuni mesi fa il Segretario generale dell’Onu ha pubblicato un Rapporto intitolato «Un Percorso per la Dignità entro il 2030». II Rapporto prende le mosse dagli sforzi compiuti negli ultimi quindici anni per assicurare il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, un’agenda pensata nel 2000 per offrire soluzioni ai problemi del sottosviluppo quali fame e povertà. L’adozione degli Obiettivi del Millennio è ora considerata almeno un successo parziale, che ha prodotto un sensibile miglioramento delle condizioni di vita in molti dei Paesi più poveri del pianeta e ha confermato, come dice lo stesso Ban Ki-moon, che la Comunità internazionale può essere mobilitata per rispondere alle sfide planetarie con le quali dobbiamo confrontarci oggi.

Ma occorre fare di più. L’obiettivo attuale è mettere a punto un’agenda per lo sviluppo umano «universale» che dovrà essere applicata anche ai Paesi sviluppati come il nostro. Elemento qualificante del nuovo codice in discussione all’Onu è il superamento della crescita economica come unica variabile dello sviluppo, e la sua piena integrazione con le altre due componenti, sociale e ambientale, entrambe colpite duramente dalla Grande crisi, che definiscono il concetto di sostenibilità. Altro elemento innovativo molto importante è costituito dall’aggiunta di un volet più specificamente politico, basato sulla promozione dei diritti umani, della costruzione di società eque e pacifiche dove regni il principio di legalità e si lotti contro la corruzione. Un’agenda, dunque, pienamente attuale, che guarda anche agli 1,8 miliardi di giovani fra i 10 e i 24 anni (fra cui, secondo l’ultimo Rapporto sullo stato della popolazione mondiale, 600 milioni di ragazze adolescenti), circa un terzo dell’attuale popolazione mondiale, che possono trasformare il futuro se sapremo investire, tanto a livello nazionale quanto internazionale, su di loro, su questo vitale capitale umano. É un’agenda che, tra l’altro, coincide felicemente con l’importante riforma della Cooperazione internazionale varata dal Parlamento italiano nel 2014 che su di essa potrà modellarsi per definire nuovi settori d’attività.

L’Italia si avvia a difendere i nuovi principi dello sviluppo finora individuati dai tentativi di ridurne l’ambizione, che pure si manifesteranno, nel negoziato, da parte di quei Paesi che vogliono avere le mani libere nella gestione di governo. Lo farà con i partner europei che grazie alla nostra Presidenza dell’Ue hanno saputo trovare una visione convergente, adottando una posizione comune su questa materia in un recente Consiglio Affari Generali.

Penso sia importante, senza distogliere l’impegno da interessi di politica estera per noi più concreti e immediati, attirare l’attenzione generale su queste questioni. Possono sembrare lontane, ma così non è. Da uno sviluppo globale più integrato, equilibrato e sostenibile dipendono aspetti eterogenei, ma intimamente connessi, che ci riguardano più da vicino, come, ad esempio, la stabilità politica la sicurezza in determinate aree regionali, la qualità dell’aria che respiriamo, la pressione delle ondate migratorie, la capacità di esportare i beni che produciamo secondo regole (come le condizioni del lavoro) uguali per tutti. L’Esposizione universale di Milano – a cui il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale contribuisce con un programma assai ricco – non chiuderà questo dibattito fondamentale agli «addetti ai lavori» aprendolo all’opinione pubblica italiana e internazionale. Mai come in questo caso è essenziale stimolare una partecipazione ampia della società all’elaborazione di regole che possano plasmare, nel futuro, un pianeta più sostenibile e interconnesso.