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Intervento del Ministro Bonino alle celebrazioni della Giornata dell’Africa

(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)


Signor Presidente della Repubblica,


Vice Presidente vicario della Corte Costituzionale,


Ministro per i Beni e le Attività culturali,


Ministro per l’Integrazione,


Signori Ambasciatori,


Capo di Stato Maggiore della Difesa,


Signore e Signori,


rivolgo il mio caloroso saluto alle personalità presenti e ringrazio in modo particolare il Signor Presidente della Repubblica per l’onore che ci riserva con la sua partecipazione. Quest’anno le celebrazioni della Giornata dell’Africa assumono una rilevanza speciale perché coincidono con il cinquantenario della fondazione dell’Organizzazione dell’Unità Africana. Cinquant’anni fa, i leader di trentadue Stati africani indipendenti si riunivano ad Addis Abeba per avviare un processo lungimirante di integrazione, libertà e sviluppo. In quell’occasione, Kwame Nkrumah esclamò con forza: Africa Must Unite. Mi fa piacere vedere qui, e la saluto con affetto, la figlia del grande leader ghanese e mia cara amica, Samia Nkrumah.


Dal 1963 l’Africa ha fatto enormi passi in avanti. Ma soprattutto nell’ultimo decennio l’Africa ha compiuto uno straordinario salto di qualità. Non è mai semplice individuare una data spartiacque tra la fine e l’inizio di una nuova fase storica. Ma credo di poter dire che dal 2002, da quando l’OUA si è trasformata in Unione Africana, l’Africa ha iniziato una radicale trasformazione politica, sociale ed economica. Sotto il profilo economico, nell’ultimo decennio, il reddito reale pro-capite degli africani è aumentato di più del 30%, gli investimenti diretti esteri sono triplicati e, tra i dieci Paesi al mondo in più rapida crescita, sei sono stati africani.


Quanto ai riflessi sociali, non sorprende che in 10 anni la classe media sia aumentata in maniera esponenziale: sono 300 milioni gli africani che ne fanno parte. Sempre nell’ultimo decennio, i decessi per malaria in alcuni dei Paesi più colpiti sono diminuiti del 30% e le infezioni da HIV di più del 70%; la speranza di vita è aumentata in media del 10% e il tasso di mortalità infantile in gran parte dei Paesi è diminuito vertiginosamente.


Rispetto a dieci anni fa, l’Africa ha compiuto significativi progressi anche sotto l’aspetto cruciale del consolidamento delle istituzioni e dello stato di diritto, che assicurano oggi una più diffusa tutela delle libertà fondamentali e una più stabile tenuta degli ordinamenti democratici. Il protocollo di Maputo, adottato dall’Unione Africana nel 2003, ha fatto avanzare i diritti delle donne africane. Nel 2012 sono entrati in vigore altri due trattati significativi: la Carta africana sulla democrazia, le elezioni e la governance e la Convenzione dell’Unione Africana per la protezione e l’assistenza degli sfollati. Le recenti consultazioni elettorali in Sierra Leone e Ghana sono espressioni di maturità democratica in questi Paesi.


Anche se presenta tante fragilità e contraddizioni – ma quale continente ne è esente? – non possiamo continuare a vedere l’Africa con la lente offuscata dagli stereotipi del passato. L’Africa è un continente giovane e pieno di opportunità, da cui l’Italia ha anche da imparare, come conferma il fatto che 6 Paesi africani ci precedono nella classifica “doing business” della Banca Mondiale e altri 9 nell’indice della corruzione percepita stilato da Transparency International. Se è radicalmente cambiata l’Africa, deve radicalmente cambiare anche l’approccio dell’Italia all’Africa.


I margini di miglioramento della nostra presenza sono notevoli specie nell’Africa sub-sahariana: nel 2012 il nostro interscambio con l’intera area è ammontato a 13,6 miliardi di euro…un volume inferiore a quello degli scambi tra Italia e Austria! Occorre un’azione più incisiva rispetto al passato per cogliere i frutti di questa nuova fase in Africa. Emblematico è l’esempio del Mozambico. Abbiamo contribuito a pacificare il Paese e lo abbiamo aiutato nel suo sviluppo, ma non sempre gli abbiamo prestato la dovuta attenzione quando ha iniziato a crescere a ritmi impetuosi. Dei 55 Paesi africani, 10 sono d’interesse prioritario della nostra Cooperazione, ma tutti devono essere al centro dell’attenzione della diplomazia e delle aziende italiane. Non solo perché il sostegno al rilancio dell’economia nazionale e all’internazionalizzazione delle imprese è la priorità della nostra politica estera, ma anche perché l’Africa è per noi partner indispensabile nei principali dossier internazionali.


D’altra parte, la complementarietà tra le economie africane e quella italiana ci consente di offrire all’Africa un modello di sviluppo rispettoso del futuro del continente. Un modello, il nostro, fondato sulla diversificazione dell’economia, su trasferimenti di tecnologie e apertura agli scambi, su equilibrati processi di urbanizzazione, sulla sicurezza alimentare e la tutela dell’ambiente. L’Italia può così anche contribuire a saldare le nuove ambizioni di partenariato dell’Africa con le scelte dell’Unione Europea. Se però non faremo squadra, con uno stretto coordinamento tra istituzioni e privati, difficilmente potremo essere efficaci nelle nostre relazioni con un continente così vasto e complesso.


Confido su di voi, Signori Ambasciatori, per accrescere la consapevolezza delle opportunità di questa “nuova Africa”. Una realtà che conosciamo anche attraverso i tanti africani che vivono in Italia, operose comunità che rafforzano e arricchiscono il nostro Paese. Il Governo avverte la responsabilità di facilitare, con l’azione di un Ministro di origine africana, Cécile Kyenge, la loro integrazione nella società italiana, che deve essere cosciente delle proprie radici, ma che non deve mai aver paura della pluralità e delle diversità.


Non ci sono solo luci in Africa, ma anche ombre. Le transizioni nei Paesi del Nord Africa sono irte di ostacoli e dense di incognite. Esiste anche il rischio che le proteste di piazza siano strumentalizzate da forze regressive che perseguono la destabilizzazione. Le tensioni nel Nord Africa si ripercuotono sui Paesi del Sahel, come il Mali, che ha già subito i contraccolpi della guerra civile libica.Ci preoccupa la fascia di instabilità che si estende dall’Atlantico al Mar Rosso. Eppure, anche in questa fragile area, si registrano alcuni segnali promettenti, come quelli che lasciano sperare nella stabilizzazione della nuova Somalia federale. Alla Conferenza di Londra ho rinnovato il forte impegno dell’Italia per la sicurezza e il ritorno alla normalità del Paese.


Nel Sahel e in Mali apprezziamo molto l’impegno dell’Unione Africana e della Comunità Economica degli Stati dell’Africa occidentale – con il contributo dell’ONU e dell’Unione Europea. Confido anche nella capacità dell’Inviato Speciale del Segretario Generale per il Sahel, il Presidente Prodi, di far convergere gli sforzi internazionali e regionali per contrastare le minacce della povertà, del terrorismo e della criminalità organizzata. “Della speranza” è stato poi definito l’Accordo quadro di febbraio per assicurare la pace nella Repubblica Democratica del Congo. Perché tale speranza si realizzi, occorre che gli Stati della regione, coadiuvati dalle organizzazioni regionali e dalla comunità internazionale, garantiscano il rispetto dell’Accordo.


Per il successo di tutte queste azioni è importante coinvolgere, oltre a governi e parlamenti, i cittadini tutti. Il sostegno dell’opinione pubblica è vitale anche per creare reti di attivisti in grado di promuovere i diritti in altri campi. E’ d’altra parte fondamentale che i Paesi africani definiscano le loro strategie. Un esempio positivo di ownership africana è stata la campagna per la Risoluzione dell’ONU contro le Mutilazioni Genitali Femminili: una Risoluzione che abbiamo ora il dovere di applicare. Sono poi convinta che l’empowerment delle donne sia essenziale per la riconciliazione e la pace. E’ stato un riconoscimento molto significativo il conferimento del Premio Nobel per la Pace 2011 a due donne liberiane: il Presidente Ellen Johnson Sirleaf e l’attivista Leymah Gbowee. L’Africa ha inoltre lanciato al mondo un messaggio molto forte, eleggendo Dlamini-ZumaPresidentedella Commissione dell’Unione Africana.


Signor Presidente, Signore e Signori,


il progetto di integrazione avviato 50 anni fa ha contribuito a costruire un continente sulla strada della libertà, grazie anche al cambio di passo compiuto nell’ultimo decennio da una nuova generazione di leader africani. Vorrei allora concludere con le parole pronunciate da Julius Nyerere nel 1997: i popoli dell’Africa e l’attuale generazione di leader politici sono chiamati a raccogliere la fiaccola della libertà ricevuta dai propri padri fondatori, ad alimentarla con entusiasmo e determinazione e a portarla avanti per il progresso del Continente e degli Africani.


Quello che quindici anni fa era un appello di speranza, oggi è una promettente realtà. Con essa l’Italia vuole operare per fare avanzare l’agenda globale e per cogliere appieno le opportunità di un mondo interdipendente. Grazie.

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