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Mario Giro: “Siamo figli dell’ansia. Così possiamo affrontare la sfida della paura” (Avvenire)

Il viaggio dell’Europa, come l’ha chiamato il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, è giunto a un tornante difficile. Ancora una volta, sono sempre le parole di Gentiloni, gli europei devono fare “la scelta più antica: quella tra il bene e il male”. Sono parole pesanti che ci obbligano a guardarci dentro in quanto europei per rispondere all’appello della storia, a cui il papa Francesco ha dato voce: “Cosa ti è successo Europa umanistica,  paladino dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà?”.

In fondo ha ragione Tusk: dopo la fornace del conflitto, l’Europa rappresenta dei “sogni semplici”, come libertà, prosperità, never again. Ma nulla è semplice in Europa. Diciamolo: nella storia del mondo gli europei sono sempre stati gente difficile, ambiziosa, litigiosa, violenta. Le uniche due guerre mondiali, che hanno coinvolto terre lontanissime, sono state la conseguenza di errori europei. Sessant’anni di superpotenza tranquilla non cancellano migliaio di anni di lotte, battaglie, odi, pregiudizi, occupazioni, competizione. Siamo gente difficile, sempre pronta a scontrarsi. Gli Stati europei si sono sempre confrontati con due grandi ostacoli: lingue e geografia, che spesso li hanno messi uno contro l’altro. L’unione è stata la vittoria difficile contro tali ostacoli.

Tornando all’inizio della storia dell’integrazione europea, notiamo che i padri fondatori non erano dei visionari ma dei politici responsabili e ragionevoli, come ha detto il Presidente Mattarella alla Camera. Conoscevano il loro mondo: guerra fredda con la sua paura (quella sì reale) dell’olocausto nucleare, inizio della guerra d’Algeria, guerre coloniali, Dien Bien Phu, avventura di Suez, invasione dell’Ungheria…. Nel 1957 il mondo era molto pericoloso. Realisticamente consci di tali pericoli, i fondatori vollero l’inizio di un processo integrativo che fosse una risposta alla debolezza degli Stati europei. Un’Unione per far fronte alle sfide assieme. A ciò si aggiungeva una consapevolezza acuta che ebbero dei demoni europei. Come scrive lo storico Tony Judt: “Fu per scongiurare il ritorno agli antichi demoni (disoccupazione, fascismo, militarismo tedesco, guerra, rivoluzione) che l’Ovest si avviò per la nuova strada sulla quale oggi siamo abituati a procedere. La pacifica e collaboratrice Europa postnazionale, fondata sul sistema assistenziale, non è nata da un progetto ottimistico, ambizioso e lungimirante, come si immaginano con devoto sguardo retrospettivo gli odierni euro-idealisti. ma è stata la figlia insicura dell’ansia. Sotto l’ombra della storia, i leader hanno realizzato riforme sociali e costituito nuove istituzioni per tenere a bada il passato”. Da questa medesima coscienza occorre ripartire oggi. Lunga vita all’Europa.